Introduzione 
Attraversare il centroamerica permette di entrare in contatto con terre, popoli e culture che inevitabilmente penetrano in te attraverso i pori della pelle e se si ha la fortuna di procedere con lentezza e senza tempo attraverso questi luoghi, il processo di permeazione sarà ancora più denso e definitivo.
Vi sono diversi elementi che rendono questo mix particolarmente attrattivo e vincente.

Quello che si impone con più facilità, che arriva diretto agli occhi e al cuore, anche perché non perde occasione di mostrarsi fiero e rigoglioso, è la natura; ricca e varia ti rapisce anche quando non chiedi di partecipare alla sua danza di forme e colori, semplicemente non puoi sottrarti al suo gioco seduttivo.
Sa sempre come sorprenderti, non lascia la possibilità di abituarsi ad un paesaggio o ad un profilo perché ha l’abilità di mutarlo in nuove forme nell'arco di pochi chilometri, riesce a passare dai boschi montuosi a meravigliose spiagge tropicali, da vulcani imponenti a immensi laghi che non ti stancheresti mai di vivere e contemplare, dalla fitta foresta pluviale a canyon alti e rocciosi; insomma questa unica e seducente protagonista conosce bene le sue carte e sa giocarle con malizia e perizia con chiunque voglia incontrarla, anche solo per un incontro fugace.

Altro elemento che contribuisce al fascino del centroamerica è sicuramente costituito dalle sue popolazioni
Discendenti di antiche civiltà precolombiane, hanno nel sangue la storia di un popolo che nei secoli ha conosciuto la crescita e l’espansione di antenati che eccellevano in astrologia, architettura e agricoltura e la successiva caduta degli stessi per mano delle conquiste europee avviate nel sedicesimo secolo e che tanta sofferenza e oppressione hanno portato in queste terre.
Oggi questi popoli vivono per lo più di mestieri umili, legati all'agricoltura o all'artigianato, conducono uno stile di vita semplice, fatto di giornate lunghe e lente, intenti al commercio di mercanzie nei colorati mercati di paese, coinvolti nelle attività di un intero villaggio, aggregati in famiglie numerose ma unite, in case piccole ma decorose, alimentandosi di pochi (ripetitivi) prodotti, ma essenziali per permettere una dieta varia e sostanziosa.

Passando lentamente dal Messico al Guatemala, dall'Honduras al Nicaragua, si percepisce come queste caratteristiche si perpetuino tra le popolazioni, creando un filo conduttore che, unito ad una natura fiera della propria identità e noncurante dei confini geografici, annulla anche nel viaggiatore il concetto di dogana o frontiera, facendo sembrare questi termini totalmente fuori luogo.
Ti rendi conto che quelle tracciate sulle mappe per distinguere uno stato dall'altro sono solo linee geometriche, figlie di giochi politici alimentati da necessità per lo più economiche di spartizione delle terre; 
comprendi come gli uomini e le donne che abitano queste terre potrebbero benissimo essere accomunati da un’unica bandiera, da un’unica identità e dall'orgoglio di essere discendenti di alcune tra le più affascinanti civiltà che abbiano mai abitato il nostro pianeta.

Questi popoli sono inoltre depositari del fattore nascosto che permette di innamorarti dei loro luoghi e di entrare in pieno rapporto empatico con essi se le tue porte restano comunque aperte e prive di pregiudizi: tale quid risiede nella capacità delle persone di accoglierti sempre con gentilezza e sorrisi, disarmandoti con un fare umile ma fiero, disposti ad aiutarti senza chiedere nulla in cambio, ad ospitarti ed offrirti un pasto alla loro tavola, mostrandoti un’unità familiare e comunitaria che ormai è stata quasi totalmente persa nella società occidentale.

Tutto questo a mio parere si cela dietro un’unica parola: ricchezza.
Ne hanno tanta da donare e noi abbiamo molto da imparare.

Durante la permanenza in centroamerica ci si abitua facilmente a queste caratteristiche, perdendosi ogni tanto nell'illusione che quasi la totalità degli esseri umani e dei luoghi da essi abitati disponga di simili qualità.


Ingresso in Costa Rica
L’incedere attraverso queste terre, dal Messico al Nicaragua, ci ha poi portati in Costa Rica, paese che forse è depositario della natura più rigogliosa e della più ricca biodiversità del continente americano, ma che probabilmente è anche quello che tradisce in maniera più marcata i valori sopra citati a causa di un costo della vita decisamente più alto rispetto a tutto il centroamerica e di un approccio al turismo votato più al profitto economico che alla diffusione di un libero accesso ai propri luoghi, o quanto meno alla portata di tutti. 
Questa tendenza é probabilmente figlia della forte influenza che gli Stati Uniti hanno su questo paese.
E come spesso accade, quando la presenza del denaro e del profitto si fa strada come motore trainante nelle viscere di una nazione, anche la sua anima ne esce inevitabilmente mutata, perdendo un po’ di quel fascino semplice e genuino in cui abbiamo avuto la possibilità di immergerci in questa parte di cammino.


L’ingresso in Costa Rica è stato colorato da un incontro a dir poco spassoso avvenuto proprio presso la frontiera col Nicaragua; qui, dopo una lunga coda per ottenere tutti i documenti di ingresso, ci imbattiamo in un viaggiatore australiano che si presenta con volto irresistibilmente simpatico e sorridente sotto l’appellativo di Miguelito (al secolo Michael). 
Neanche un minuto di conoscenza e lo scambio di battute tra noi è già diretto e pieno di risate, siamo subito buoni amici.
L’Aussie ci accompagnerà in tutta la prima parte del viaggio in Costa Rica regalandoci racconti e risate con tempi comici straordinari e frutto di un puro talento naturale. Al di là della simpatia, Michael si dimostra anche ragazzo profondo che, nonostante i soli 27 anni, ha già riempito la sua vita di un vissuto denso e ricco di viaggi, storie e aneddoti.


Con Miguelito e due amiche canadesi nella riserva di Santa Elena


Santa Elena
Nel giorno in cui incontriamo il verde paese, approdiamo al villaggio di Santa Elena, base tipica per tutti i viaggiatori intenti ad esplorare le celebri foreste nebulari di Monteverde e dell’omonima Santa Elena.
Queste sono riserve naturali in cui le fitte nebbie che dominano costantemente il paesaggio creano un ambiente suggestivo e davvero unico. 
Il visitatore, attraverso i sentieri che si addentrano nella foresta, si trova come catapultato in un luogo magico, dove è possibile venire a contatto con una natura unica e primordiale.
Attirati da queste caratteristiche non potevamo escludere questa tappa dal nostro cammino.

Una volta arrivati a Santa Elena, avvertiamo tuttavia anche quel diverso approccio di cui ho parlato sopra e che rende dissonante per certi versi il Costa Rica rispetto al resto del centroamerica: nella struttura in cui avremmo alloggiato, appena giunti a destinazione per il check in, ascoltiamo un insolito spagnolo (parlato dai gestori locali) condito da una erre tipicamente statunitense e subito ci vengono proposti i pacchetti per visitare le foreste sopra menzionate ancor prima di consegnarci le chiavi ed indicarci il letto che tanto avremmo voluto provare dopo una lunga giornata di viaggio.

Era inevitabile avvertire qualche differenza con il percorso effettuato finora, ma tutto questo non ha modificato i nostri programmi e non ci ha distolto dalla visita di luoghi naturali che nessuna colpa hanno, se non quella di essere depositari di un’iconica bellezza gestita, ahimè, dall’uomo interessato più al flusso di cassa che alla valorizzazione senza scopo di lucro della stessa.

Il parco di Santa Elena si presenta con un verde fittissimo, alberi alti le cui cime sembrano quasi abbracciarsi e creare un unico tetto verde a protezione delle tantissime specie della flora locale. Il percorso nel bosco si articola in diversi sentieri attraverso i quali si può godere di un hiking non troppo impegnativo su un terreno prevalentemente fangoso a causa del forte tasso di umidità che permane quasi costantemente in questo luogo.
Anche la fauna locale è molto ricca, ma nostro malgrado non abbiamo avuto modo di goderne la presenza in quanto i piccoli grandi abitanti del luogo avevano ben deciso di evitare i percorsi calpestati dall'uomo, almeno nel giorno in cui noi eravamo (sgraditi?) visitatori.

Il bosco è davvero suggestivo anche se, ad essere onesti, dopo i primi chilometri di camminata lo scenario inizia a diventare abbastanza ripetitivo e quindi sono le prime ore trascorse in questo luogo quelle che veramente stupiscono il viaggiatore con notevole intensità.


Mappa del Parco di Santa Elena

Hiking nel parco

Un punto panoramico del parco Santa Elena


Degno di menzione è anche il parco di Monteverde, distante solo pochi chilometri da Santa Elena e decisamente più celebre da un punto di vista mediatico; noi abbiamo deciso di non visitarlo perché le caratteristiche morfologiche del bosco sono praticamente le stesse tra i due parchi e perché il costo di ingresso di 25$ ci è sembrato davvero eccessivo.
Inoltre c’è da sottolineare che i proventi dovuti all'ingresso nella riserva di Sant’Elena vengono devoluti allo sviluppo del parco e della comunità locale, mentre quelli ottenuti da Monteverde finiscono direttamente nelle tasche della società nordamericana che gestisce la proprietà; altra piccola differenza che ha direzionato la nostra scelta.


Montezuma (Nicoya)
Il Costa Rica dispone di una varietà di luoghi davvero impressionante e, per averne un primo assaggio, una volta lasciato Santa Elena ci siamo catapultati sulla costa pacifica a sud della penisola di Nicoya, in particolare nel paesino di Montezuma.

Anche in tale occasione l’accoglienza in ostello non è stata delle migliori. 
Ad un’atmosfera del luogo pacifica e ricca di richiami alla pace e alla meditazione si è contrapposta la figura della gerente, una donna tedesca che non ha esitato a mostrare evidenti segni di fastidio per la nostra presenza in reception mentre ci accingevamo alle solite pratiche del check in; anche le battute più brillanti e condite di falsa gentilezza (tentativo estremo di stemperare gli animi) hanno solo contribuito ad aumentare il suo livello di acidità, al punto che la simpatica teutonica si è sempre rivolta a noi nelle ore e nei giorni successivi con amorevole distacco e disgusto… alla faccia dei richiami al Buddha e a Krishna presenti nella sua struttura.

L’ostello, al di là appunto delle infelici vicende con la gerente, è risultato essere davvero bello, posizionato su una collina appena a ridosso del paesino e delle sue spiagge, dalle cui balaustre era possibile ammirare scorci di oceano tra la densa vegetazione; il mix del verde della flora, il blu del mare, brillante sotto i raggi del sole, e il bianco delle dense e rade nuvole creava ad ogni ora del giorno una cornice di colori altamente vitale e attrattiva.


Hotel Luna Llena - Montezuma

Vista dall'ostello

Montezuma in sé si compone solo di poche strade sature di localini dedicati alla ristorazione, un solo supermercato e nessun fascino particolare; il suo asso nella manica consiste nelle spiagge che lo circondano e nella giungla rigogliosa che si stende sulle colline circostanti.
Il pacifico qui si tinge di caratteristiche tipiche del carribe ed il mix è davvero suggestivo: spiagge estese e godibili, palme a picco sulla sabbia e colori brillanti in ogni direzione dello sguardo. Puoi camminare per chilometri e non uscire mai dalla cornice di questo quadro.




Le spiagge di Montezuma

Le colline a ridosso del villaggio inoltre ospitano siti naturali davvero interessanti. 
Uno su tutti è rappresentato dalle cascate di Montezuma, raggiungibili a piedi direttamente dal centro urbano attraverso un piacevole trekking.


Cascata Montezuma
Stanchi ma felici nel trekking per le cascate


Nel nostro incedere attraverso la foresta delle cascate abbiamo anche attraversato (abusivamente) un ponte sospeso sulla natura circostante con un salto di una settantina di metri; l’attraversata è stata resa suggestiva dall'emozionante vista del vuoto sotto i piedi e dalle oscillazioni continue del ponte che hanno reso un po’ più avventurosa la camminata. 
L’abusività del nostro passaggio è stata acclarata da un personaggio che, sulla sponda opposta del ponte, ci ha chiesto se avessimo una prenotazione; lì capiamo che la costruzione faceva parte di una struttura alberghiera privata e rappresentava una delle vie d’accesso alla stessa dando all'ospite l’idea di trovarsi in un film di Indiana Jones. 
Fingendo di non capire cosa chiedesse abbiamo poi ripiegato verso il punto da cui eravamo entrati, provando così per la seconda volta il brivido della traversata condito da quello "dell’eroico coraggio" per la rottura delle regole.

Ponte Sospeso


Santa Teresa (Nicoya)
Dopo due giorni ricchi dell’intensità dei suoi luoghi lasciamo Montezuma alla volta di Santa Teresa, altra celebre località sulla costa sud ovest della penisola di Nicoya.

Probabilmente inizierò a diventare ripetitivo in questo racconto (oppure questa sta diventando una peculiarità del Costa Rica), ma anche a Santa Teresa veniamo accolti non proprio nel migliore dei modi (se nei 40 anni di vita non avessi avuto giusto qualche riprova dell’essere una persona abbastanza empatica nei confronti degli altri essere umani, avrei iniziato a coltivare seri dubbi sulle mie poche capacità di instaurare cordiali, o per lo meno normali, rapporti con i miei simili).
Dopo una caldissima mattina di viaggio, i cui segni erano fin troppo evidenti sui nostri visi provati, ci è bastato chiedere (con garbo) una piccola delucidazione sul prezzo della prenotazione (che a mio avviso non corrispondeva con quello indicato sulla piattaforma da cui avevo prenotato l’alloggio) da indurre il proprietario, senza dibattito aprire, ad invitarci gentilmente ad annullare la prenotazione, far dietro front, accomodarci verso l’uscita dell’ostello/campeggio e cercarne un altro che “tanto il paese ne era pieno”, il tutto con atteggiamento privo della ben più lontana forma di empatia.
Carolina è maestra nel non reagire e farsi coinvolgere emotivamente dalle provocazioni del mondo esterno, ma io ho un fuoco dentro che in quel momento mi avrebbe fatto ardere al suolo l’intera struttura del simpatico gestore, includendo nel pacchetto anche l’immobilizzazione del fortunato mentre avrebbe assistito impotente alla scena neroniana.
Tuttavia la maturità e la meditazione Vipassana mi aiutano ad essere meno impulsivo e così, con sano autocontrollo, un inaspettato aplomb britannico, e la consapevolezza che cercare un’altra struttura libera in paese con quaranta gradi all'ombra sarebbe stata impresa a dir poco titanica, riesco ad intavolare una pacifica conversazione con il gentil interlocutore accettando la sua proposta economica ed abbandonando ogni forma di argomentazione della mia tesi iniziale (a volte devi abbassare la cresta e ti devi stare).

A Santa Teresa abbiamo speso poche ore, necessarie però per incamerare tutta la selvaggità della sua spiaggia e assistere da essa ad un tramonto che ha ripagato ogni sforzo per giungere qui. 
Una volta sparite anche le ultime e più remote luci dei raggi solari, che lenti si erano addormentati dietro l’orizzonte, la vasta distesa di sabbia ha avuto un potere così magnetico da indurci a permanere in spiaggia per qualche altra ora, abbracciando l’incedere della notte, rotto solo dalle fiamme del fuoco che avevo acceso con gli arbusti sparpagliati nella pineta vicina.
Mi piace ricordare Santa Teresa con l’immagine di queste fiamme, naturali, energetiche e scoppiettanti, in contrapposizione con quelle che l’ennesimo imprenditore straniero avrebbe indotto in me con un comportamento lontano dai miei principi e da quelli della meravigliosa terra che ci stava ospitando.





Spiagge e Tramonto a Santa Teresa


La penisola di Nicoya era tappa obbligata del nostro viaggio, perché raccoglie in se la suggestione del pacifico, offrendo una notevole concentrazione di spiagge dal profilo iconico. Tuttavia, sebbene questa striscia di terra non fosse particolarmente estesa, i collegamenti al suo interno non godono di una rete particolarmente efficiente, motivo per il quale abbiamo deciso di terminare con le visite a Montezuma e Santa Teresa la nostra esperienza peninsulare.


Manuel Antonio
Il Costa Rica ha comunque tanto da offrire per un viaggiatore e nella nostra personale lista abbiamo inserito il parco naturale di Manuel Antonio come tappa successiva del viaggio.
Una volta giunti a destinazione, ignari del fatto che ogni lunedì (giorno da noi programmato per la visita) la riserva fosse chiusa, siamo stati “costretti” ad estendere di un ulteriore giorno la nostra permanenza presso la cittadina di Quepos (avamposto per visitare le bellezze di questa zona). Questa piacevole costrizione ci ha permesso di conoscere la spiaggia di Espadilla, ubicata a lato del rinomato parco,  che si è rivelata un’altra sorprendente scoperta di questo viaggio.

Più organizzata per l’accoglienza turistica, con piccole strutture fatte di ombrelloni e sedie da spiaggia (cosa raramente vista finora), questa piccola striscia di sabbia non ha tuttavia perso il suo fascino naturale e tipico delle spiagge pacifiche di questa zona, e anch'essa non ha perso l’occasione per posizionarsi tra le prime in classifica per le suggestioni regalate al tramonto.


Playa Espadilla

Playa Espadilla

Tramonto su Playa Espadilla


Nel giorno successivo abbiamo finalmente incontrato la riserva Manuel Antonio
Il comune denominatore con gli altri parchi visitati finora è stato sicuramente la ricca natura presente all'interno, ma questo ha proposto qualche marcia in più; prima di tutto è collocato su una collina che si affaccia su due diverse baie scavate dal mare, in esso quindi si alternano parti di sentiero pianeggiante e parti in salita, fino a portarti su punti panoramici mozzafiato (uno in particolare mi ha ricordato la costiera amalfitana) dove la sosta è resa gradevole sia dal panorama che da una fresca brezza marina che ti accarezza il viso.



Scorci dal parco Manuel Antonio


Inoltre, a differenza di Santa Elena, qui la fauna si è mostrata a noi senza timidezza alcuna; durante il percorso abbiamo potuto infatti ammirare scimmie, bradipi, procioni, cerbiatti, nutrie, iguana e uccelli di diverse specie.
Il parco ha inoltre diversi sbocchi sulle spiagge che lo circondano, e questo dà la possibilità di interrompere il cammino con un bagno in acque calde e limpide.



Spiaggia Manuel Antonio

Un preistorico incontro

Proprio su una di queste spiagge si è consumato uno degli incontri più simpatici del viaggio. 
Ci avevano informato che procioni e scimmie sono ladri sopraffini e che fin troppi turisti terminano il loro giro privi di qualche oggetto (a volte anche prezioso); a tal proposito avevamo ben pensato di tenere legati i nostri zaini durante la permanenza in spiaggia. 
Ebbene la nostra presenza ravvicinata e le misure di sicurezza adottate non hanno di certo scoraggiato un furbissimo procione nell'approcciare al mio zaino e riuscire ad aprire la zip della tasca principale invogliato dall'odore di cibo che proveniva dall'interno. 
Fortunatamente (per me) il simpatico amico, dotato tra l’altro di una naturale banda nera sugli occhi, immagine tipica dei ladri, ne ha ricavato solo una bustina di plastica vuota di cibo ma ancora troppo impregnata di un invitante odorino.
Deluso per lo scarso bottino non ci ha più degnato della sua presenza e ha preferito andare a far razzie presso qualche altro malcapitato turista.


Il Procione intento a scassinare il mio zaino

Altra peculiarità del parco, a mio avviso molto positiva, consiste nell'ammissione ad esso di un numero non superiore a quattrocento visitatori alla volta; questa regola evita grossi agglomerati umani e permette non solo maggior spazio e respiro durante il cammino, ma anche agli animali stessi di non essere puntati da un’eccessiva platea di spettatori.

In poche parole Manuel Antonio è andato ben oltre le nostre aspettative, ci ha regalato una giornata unica e diversificata, permettendoci per la prima volta di entrare in contatto non solo con la ricca flora del luogo, ma finalmente anche con la fauna, placida e tenera nelle sagome di bradipi e cerbiatti, preistorica negli incontri con le iguane e furba e goliardica nei visi e nei gesti di scimmie e procioni.

Oltre ai bellissimi luoghi che la circondano, Quepos presenta un lungomare piccolo, ma di tutto rispetto, dal quale abbiamo avuto la possibilità di effettuare una piacevole passeggiata ammirando ancora una volta quel tramonto sulle acque del pacifico che ha iniziato a viziarci per la tanta bellezza che sa proporre e del quale non potremmo mai stancarci.


Tramonto sul lungomare di Quepos


Puerto Viejo - Riserva di Cahuita
Con queste immagini negli occhi lasciamo la costa pacifica del Costa Rica per volgere verso l’ultima tappa del viaggio in questo paese: il villaggio dal carattere tipicamente caraibico di Puerto Viejo, bagnato appunto dalle acque del mar dei caraibi.

L’atmosfera a Puerto Viejo è risultata essere diversa rispetto a quella respirata finora nell'entroterra e nei luoghi di mare che si affacciano sul Pacifico.
Non è semplice descriverlo in parole, ma ho provato un senso di minor familiarità nel camminare per le sue strade, un qualcosa che non ti lascia quel senso di comfort e appartenenza che molti posti sanno regalarti spontaneamente al primo incontro o magari dopo qualche giorno di conoscenza.
È anche vero che una fastidiosa otite (mia inseparabile compagna, che non perde mai occasione di ricordarmi la sua esistenza) non ha reso le mie giornate qui delle più piacevoli, ma sono anche sicuro che questo non ha condizionato le mie sensazioni relative al luogo in quanto ho cercato di ascoltare più la pancia che l’orecchio.

Nel primo giorno di permanenza ho preso una pausa dalle nostre esplorazioni a causa delle mie condizioni non proprio ottimali, mentre Carolina ha avuto modo di conoscere le spiagge di Punta Uva e Punta Manzanillo, riuscendo anche ad entrare nella riserva naturale di quest’ultima, per niente turistica, al punto che spesso si è trovata da sola a contemplare il paesaggio naturale che la circondava, cosa non da poco ai nostri giorni.
L’eccessivo isolamento le ha anche creato qualche problema nel trovare la via d’uscita, ma questa è un’altra storia legata più che altro all'eterna diatriba tra i percorsi da lei intrapresi e il suo “spiccato” senso dell’orientamento.

La punta di diamante di Puerto Viejo è senza dubbio il Parco Nazionale Cahuita ed è tappa obbligata per chi decide di spendere qualche giorno da queste parti.
Il parco dista circa mezzora in autobus dal paese principale e si svolge lungo un territorio che unisce tratti di percorso immersi nella giungla ad altri costeggianti il mare. 
Esso infatti si estende attraverso una striscia di terra che dai territori interni entra in mare formando due capi, Punta Cahuita e Punta Vargas.

Una nota di merito che ci ha non poco stupiti (trovandoci in Costa Rica) è l’assenza di un costo fisso per l’ingresso al parco naturale; il viaggiatore è libero di lasciare una donazione o entrare gratuitamente.
Il percorso si svolge su un totale di circa otto chilometri di cui, più della metà, lambiscono la spiaggia che circonda la riserva. Il cammino in questa prima zona è piuttosto unico, con il continuo contrasto tra i colori della vegetazione, ricca di palme e piante tropicali, e quelli di un mare che, in assenza di sole pieno, si presentava con un colore opaco e lattiginoso, tipico dei mari caraibici quando sono lambiti da raggi solari deboli e filtrati dal fitto manto nuvoloso.





Parco Cahuita


La seconda parte del percorso invece si svolge all'interno del parco, entrando in una vegetazione fittissima ma godibile grazie alla presenza di una passerella sopraelevata rispetto al terreno. 
Abbiamo apprezzato molto questa soluzione in quanto permette di avere gli occhi puntati principalmente sulla bellezza circostante piuttosto che al suolo, evitando così di prestare troppa attenzione al non inciampare o calpestare qualche malcapitata creatura del bosco.



Un simpatico Bradipo

Ci siamo fermati spesso in contemplazione in questa fase del cammino perché troppo affascinante lo spettacolo che ci circondava; in questi piccoli momenti entri sempre più in contatto con la profonda consapevolezza che nulla nella nostra vita ed in questo mondo sia scontato, che essere lì, in quel luogo, partecipe delle danza della natura, in un paese a migliaia di chilometri dal tuo, respirando un pieno senso di libertà, rappresenti un regalo da tenere stretto e conservare per sempre sotto forma di esperienza ed insegnamento.

Con Cahuita ci congediamo dal Costa Rica e direi che non avremmo potuto trovare modo migliore per farlo, per riconciliarci con la parte più bella e pura di questo paese, che lo rappresenta in larga parte, nonostante i tentativi dei capitali stranieri di erodere un’anima latina e genuina di cui saremo sempre pieni sostenitori.