Siamo piccoli difronte all'imponenza della natura. Siamo piccoli eppure abbiamo la presunzione di poterla dominare e gestire a nostro piacere. Non ci rendiamo conto della sua magnitudine finche' non ci troviamo in persona di fronte a tale grandezza, oppure, in casi più sfortunati, quando la sua potenza si manifesta in eventi tragici che impattano le vite umane con conseguenze disastrose.

Voglio dedicare questo articolo ad un elemento naturale molto presente in Patagonia e che ha avuto la capacità di stupirmi ed emozionarmi per la sua presenza poderosa e per la capacità di saper cambiare forma e dimensioni in funzione del contesto geografico in cui fosse ubicato: sto parlando dei Ghiacciai.

Millenari, immense masse di ghiaccio dal colore cangiante e con un’estensione difficile da seguire per l'occhio umano; spettacolari e roboanti quando enormi pezzi si distaccano dalla parete frontale per trasformarsi in iceberg nelle acque che li accolgono, tuttavia fragili ed estremamente sensibili al cambiamento climatico. Sono tra i protagonisti della Patagonia Cilena ed Argentina, non sempre facili da raggiungere, ma dal fascino unico nel momento in cui se ne viene in contatto.



Mappa dei ghiacciai visitati


 

Glaciares Balmaceda e Serrano

La città di Puerto Natales in Cile è stato l'avamposto per effettuare due navigazioni che ci hanno permesso di scoprire alcuni dei ghiacciai più belli di questa zona.

Nella mattina dell'8 Dicembre 2022 siamo partiti con un catamarano alla scoperta dei Glaciares Balmaceda e Serrano.

Situati nel parco Bernardo O'Higgins, è necessario appunto navigare le acque del suo lago per poter raggiungere questi elementi della natura. La navigazione permette di entrare in contatto con la natura incontaminata di queste terre, di osservare i condor che si liberano in volo ad altezze impressionanti sfruttando le correnti ascensionali o le colonie di leoni marini e di poter osservare a 360 gradi i profili montuosi che danno cornice al paesaggio. Nel momento in cui si inizia ad intravedere la presenza dei primi iceberg, si capisce che non è lontano il momento per incontrare i padri di questi piccoli isolotti fluttuanti.

 

Paesaggio Patagonico


Leoni Marini

 

Il primo ghiacciaio visitato in questo tour è stato il Glaciar Serrano. L'imbarcazione è approdata su una piccola banchina immersa tra le montagne permettendo ai viaggiatori di scendere e assaporare la vegetazione di questa area remota. Da qui è iniziato un trekking piuttosto semplice ma spettacolare per arrivare al ghiacciaio. La prima parte del cammino si snoda all'interno della macchia vegetativa, tratto in cui si può osservare una ricca presenza della "barba de viejo", piccolo lichene che cresce sui tronchi degli alberi e la cui presenza indica la purezza dell'aria. Dopo questa fase, il percorso costeggia i bordi di un lago glaciale che un tempo era totalmente ricoperto dal ghiaccio del Serrano, a testimonianza del fatto che il ritiro delle masse glaciali è un fatto acclarato. Tuttavia c'è da aprire una piccola parentesi a riguardo: in molti casi il ritiro dei ghiacciai è dovuto all'innalzamento delle temperature medie dell'atmosfera, il così detto riscaldamento globale a cui l'uomo ha tanto contribuito a partire dalla rivoluzione industriale. Ci sono tuttavia casi di ghiacciai le cui rotture al livello del fronte anteriore sono di carattere fisiologico e del tutto naturale; queste sono dovute ad un equilibrio che si crea tra la massa posteriore che avanza dalle montagne all'acqua e l'impossibilità fisica per il frontone di espandersi ulteriormente (ad esempio per la presenza di masse rocciose o montuose che impediscono la progressiva crescita del ghiacciaio).

Il Glaciar Serrano senza dubbio vive una drastica e progressiva riduzione della propria massa, senza la possibilità di riuscire ad arrivare ad un punto di equilibrio che ne permetterebbe almeno un rallentamento.

Al di là di questi concetti di fisica dei ghiacciai, è doveroso dire che il primo impatto visivo con il Serrano è stato scenografico ed emozionante. La spettacolarità scenografica è data dalla sua posizione, con il corpo che discende dalla montagna ed il fronte di ghiaccio chiuso ai lati da due costoni di roccia. Il tutto a specchiarsi nel lago antistante creando riflessi molto interessanti che includono il verde della vegetazione circostante, cosa non comune quando si visita il fronte di un ghiacciaio remoto.

Arrivare gradualmente davanti a tale bellezza è stata in sé un'esperienza: personalmente è stato il primo ghiacciaio che ho visitato da vicino e la sua figura si è mostrata con gradualità lungo il trekking che abbiamo percorso. Camminando nella vegetazione si scoprivano man mano angoli più aperti che permettevano una visione prima parziale ed infine completa della grande massa di ghiaccio e della bellezza che ne incorniciava i contorni. La pelle d'oca, respiri intensi e una contemplazione profonda con gli occhi atti a catturare ogni dettaglio, ma anche il quadro di insieme; il cuore colmo di meraviglia e la volontà di imprimere in maniera indelebile quell'immagine nella memoria.

Restiamo in contemplazione di questa bellezza per un tempo giusto e lento, sufficiente per vivere appieno l'esperienza ed incamerare i dettagli di questa natura sorprendente.

 

Glaciar Serrano

Glaciar Serrano

Condor sul Glaciar Serrano

Glaciar Serrano

 

Il cammino che ci ha portati nuovamente al catamarano è stato colmo di gioia e soddisfazione, ed è stato piacevole conoscere e parlare con la nostra guida locale, un uomo amante prima di tutto del suo Cile e del Sudamerica, prerogative fondamentali per svolgere con pieno coinvolgimento il suo lavoro.

La navigazione è ripresa tra fiordi e iceberg e ci ha portato di fronte alla seconda meraviglia di questa giornata: il Glaciar Balmaceda. Anch'esso imponente, a differenza del primo è possibile ammirarlo solo dall'imbarcazione in quanto è situato sulla dorsale di una montagna ed il suo fronte si ferma ad una quota più alta rispetto al livello del mare.

La vista è stata spettacolare ed i condor non hanno perso l'occasione di liberarsi in una danza tra le vette per aggiungere fascino a questa scena.

La navigazione ha incluso anche una sosta presso una instancia, dove abbiamo pranzato e brindato con del buon vino rosso cileno insieme ai nostri compagni di viaggio. Non amiamo particolarmente i tour che includono soste "forzate" per il pranzo, ma in tal caso abbiamo apprezzato anche questo; sarà stata la soddisfazione per le bellezze naturali appena viste, sarà perché' l’instancia stessa si trovava in una posizione remota e spettacolare, saranno stati i nostri compagni di tavolo, di certo posso affermare che ci siamo goduti pienamente anche il momento del pranzo ed il successivo lento e rilassante rientro a Puerto Natales.

 

Glaciar Balmaceda

Attracco per la Estancia



Glaciar Grey

Pochi giorni dopo abbiamo dedicato un'intera giornata alla visita del parco nazionale Torres del Paine, scegliendo un tour che ci ha portati in minivan prima a scoprire gli angoli più panoramici e pittoreschi del parco, per poi darci la possibilità di navigare il Lago Grey e conoscere il suo punto più celebre, il Glaciar Grey, con un'esperienza paesaggisticamente diversa rispetto a quella vissuta con Serrano e Balmaceda.

L'approccio al Grey è iniziato con una bella passeggiata sulla spiaggia che costeggia il lago e che permette di arrivare al punto di attracco del catamarano. Una vista pittoresca del lago, con gli iceberg ad arricchire il contorno e la sagoma lontana ed imponente del ghiacciaio che aspettava solo di essere scoperta. Protagonista assoluto della navigazione sulle acque del lago è stato il vento patagonico: forte, freddo e praticamente incessante, ci ha reso la vita difficile sul ponte della nave sia per trovare l'equilibrio per scattare qualche foto decente sia per evitare che pezzi di abbigliamento o attrezzatura si liberassero definitivamente in volo.

Abbiamo tuttavia resistito alla sua potenza (iniziava ad essere una questione di abitudine) e una volta approdati in vicinanza del ghiacciaio, abbiamo potuto godere e contemplare tutta la sua imponenza e bellezza. In tal caso la massa di ghiaccio, che parte sempre dalle montagne circostanti, pone il suo fronte direttamente a contatto con le acque del lago, creando una parete verticale mai uguale a sé stessa, frastagliata e dalle forme e colori cangianti.

L'occhio e la fotocamera non si sono mai stancati di cogliere i tanti particolari di questa opera architettonica della natura: pezzi di parete ghiacciata di un azzurro intenso, alternati ad altri più chiari, spaccature irregolari nell'enorme massa di gelo, contrasto con il verde scuro delle montagne o il grigio del cielo patagonico, migliaia di tonnellate di ghiaccio a perdita d'occhio che a tratti sembravano soffice panna montata.

L'impatto con il Glaciar Grey è stato sicuramente potente ed intenso, l'incontro con un gigante che ci ha mostrato spesso anche la sua vitalità facendo cadere regolarmente in acqua pezzi di parete che creavano uno spettacolo sonoro oltre che visivo.

Anche in tal caso il lento allontanarsi del catamarano dal ghiacciaio è stato accompagnato da lunghi e silenziosi sguardi di saluto e gratitudine verso l'immensa massa di gelo che lentamente si perdeva alla vista.

La preparazione da parte del simpatico equipaggio di cocktail a base di Pisco e ghiaccio prelevato direttamente dagli iceberg ha tuttavia resto l'atmosfera del rientro più allegra e movimentata.

 

Navigazione al Glaciar Grey

Il Glaciar Grey in lontananza

Glaciar Grey

Glaciar Grey

Glaciar Grey

Glaciar Grey

 

 

Perito Moreno

Non si può parlare di Patagonia Argentina senza nominare quello che senza dubbio è il più celebre dei ghiacciai a livello mondiale: sto parlando del Perito Moreno.

Situato nel Parque de los Glaciares, deve la sua fama a diverse caratteristiche: prima fra tutte la sua bellezza ed imponenza.

Il fronte del ghiacciaio, che si divide in due parti, una che guarda il nord del Lago Argentino e l'altra rivolta verso sud, è semplicemente spettacolare. Enormi blocchi di ghiaccio che toccano altezze intorno ai 60m, uniti a formare un’unica e immensa parete, senza soluzione di continuità, diversa ad ogni sguardo ed in ogni angolo ove l'occhio è pronto a perdersi.

Quando lo sguardo lascia la visione della parete principale, per intenderci quella che cade direttamente in acqua, tende con naturalezza a rivolgersi verso l'alto ed inevitabilmente a perdersi nell'infinita massa di gelo che forma il Perito Moreno. Questa si estende sulla dorsale montuosa che lo accoglie per chilometri, fino al punto in cui il ghiacciaio nasce, una distanza così grande la cui origine non può essere colta al semplice sguardo, che nient'altro può se non perdersi fino alla linea dell'orizzonte.

Che fascino pensare che il fronte di questo gigante sta mostrando ai nostri occhi spettatori un ghiaccio che con molta probabilità si è formato in maniera primordiale circa 500 anni orsono, una quantità sufficiente per avergli permesso di vivere l'epoca di Cristoforo Colombo.

Sì, perché ogni ghiacciaio è un fenomeno dinamico in continuo movimento ed un fiocco di neve che va a posarsi ai nostri giorni nelle zone più remote di esso, troverà lo sbocco al mare solo tra diversi secoli.

Insieme a queste caratteristiche di pura bellezza ed interesse geologico, altro punto che gioca a favore della fama mondiale del Perito è l'organizzazione che il governo locale ha allestito per permetterne la visita da parte di turisti e viaggiatori.

La posizione favorevole del ghiacciaio e delle pareti rocciose che lo circondano ha permesso la costruzione di un sistema di passerelle percorribili a piedi e che danno la possibilità al visitatore di poter godere appieno dell'imponenza del ghiacciaio da tantissimi punti di vista e da una distanza in linea d'aria di poche decine o centinaia di metri. Tante sono le balconate e le ringhiere che permettono di contemplare il gigante lungo i circa 5 chilometri del percorso lungo il quale si snodano le passerelle.

Una logistica questa che permette di vivere pienamente l'esperienza a contatto con una simile bellezza della natura e che soprattutto offre la possibilità anche a coloro che hanno limitate capacità motorie di non essere esclusi dal contatto diretto col ghiacciaio.

Il costo per l'ingresso al parco del Perito Moreno, decisamente più contenuto rispetto alle navigazioni o ai parchi nazionali ubicati in Cile, contribuisce ad allargare la fetta di persone che possono vivere una simile esperienza.

Altra forma per godere appieno di tale bellezza è proprio la navigazione lungo le acque del lago Argentino e che lambiscono le pareti frontali.

Il modo più semplice ed economico consiste nel salpare a bordo di un piccolo catamarano da uno dei due porticcioli ubicati in prossimità del ghiacciaio. Questo tipo di navigazione, della durata di un'ora circa, permette di costeggiare una delle due pareti principali (la nord o la sud, a scelta del viaggiatore) ed avere così un'esperienza ancora più diretta con il gigante, da un punto di vista basso (a livello dell'acqua) e da una distanza a tratti irrisoria.

Impossibile per le imbarcazioni avvicinarsi troppo a causa di un altro fenomeno con cui il Perito è solito stupire e deliziare i suoi visitatori: il distacco improvviso di interi pezzi di parete frontale, del peso di diverse migliaia di tonnellate, con conseguente e roboante caduta nelle acque antistanti.

Questo fenomeno, come già accennato in precedenza, nel caso del Perito Moreno è del tutto normale e fisiologico, avendo questo ghiacciaio raggiunto il punto di equilibrio tra massa gelata in formazione e massa che viene liberata in acqua delle sue pareti frontali.

 

Perito Moreno

Perito Moreno

Perito Moreno

Perito Moreno

Perito Moreno

Perito Moreno

Perito Moreno

Perito Moreno

La grande parete del Perito Moreno

 

 

Glaciares Spegazzini e Uppsala

Nel nostro caso abbiamo scelto una forma di navigazione che ha incluso la visita ad altri due spettacolari ghiacciai, l'Uppsala e lo Spegazzini, nonché appunto il Perito Moreno come ciliegina finale dell'intera giornata trascorsa nelle gelide acque di questa regione.

Questo tour si è svolto in una giornata distinta rispetto a quella trascorsa sulle passerelle; scelta orientata proprio a godere al massimo delle due forme di esperienza.

Protagonista inaspettato della navigazione è stato il Glaciar Spegazzini. Nel momento in cui pensavamo di aver esaurito la nostra meraviglia difronte a questi giganti naturali, la sagoma dello Spegazzini, unita alla location in cui è ubicato, è riuscita ancora una volta a stupirci.

È caratterizzato da una parete leggermente meno estesa del Perito Moreno, ma con vette aguzze più alte del celebre cugino, ed è circondato da un remoto paesaggio fatto di montagne dai distinti profili e reso suggestivo dalle nubi patagoniche.

L'immersione in questa visione è resa più densa dalle ore di navigazione necessarie per raggiungere questo ghiacciaio, indice della sua posizione più remota rispetto ai paesaggi già citati in precedenza.

Relativamente all'Uppsala, non è stato possibile avvicinarsi ad esso per una distanza inferiore ai 12 chilometri consentiti a causa di un drammatico ritiro della sua massa di ghiaccio.

Come dicevo in precedenza, ultimo regalo della giornata è stato l'approssimarsi al Perito Moreno, questa volta per via lacustre, con la possibilità di poter ammirare ancora una volta colui che rappresenta il simbolo indiscusso del sensazionale fenomeno geologico che sono i ghiacciai della Patagonia.

 

Condor della Patagonia

Glaciar Spegazzini

Glaciar Spegazzini

Glaciar Spegazzini

Glaciar Spegazzini

Glaciar Spegazzini

Iceberg sulla navigazione per Spegazzini

Paesaggio navigando verso Spegazzini

Glaciar Uppsala

Un ultimo saluto dal lago al Perito Moreno

 

 

 


 

Considerata da molti viaggiatori come semplice meta di passaggio nella rotta patagonica che connette Ushuaia a Puerto Natales, la città cilena di Punta Arenas ed il territorio che la circonda hanno sicuramente molto più da raccontare rispetto ad una semplice definizione che rischierebbe di lasciare la sua fama nell’anonimato.

La città è il centro nevralgico della regione cilena che si affaccia sullo Stretto di Magellano e già questo potrebbe vestire la sua fama con una buona dose di importanza. 

 

Il tragitto che ci ha portati da Ushuaia a Punta Arenas il 4 Dicembre 2022 è stato affrontato in autobus e le undici ore stimate di percorso si sono trasformate in circa sedici grazie ai venti dello stretto che non hanno permesso a nessuna imbarcazione, dedicata al trasporto di persone e veicoli, di navigare il tratto di mare compreso tra Bahia Azul a Punta Delgada per cinque lunghe ore.

I due luoghi appena citati sono fondamentali porti di connessione che permettono il collegamento tra la grande Isla del Fuego sul versante sud (Bahia Azul) con il resto del continente Americano (Punta Delgada); il tratto di mare da affrontare per passare da un territorio all’altro copre in teoria una distanza irrisoria, ma l’imprevedibilità delle condizioni atmosferiche può rendere le attese per portare a termine questo passaggio lunghe ed estenuanti.

 

In questi casi basta osservare il comportamento dei locali ed ammirare la loro pazienza e resilienza, una forma di rispetto verso la potenza della natura che, in Patagonia più di molti altri luoghi del mondo, può condizionare in maniera determinante l’evoluzione degli eventi e far saltare con estrema facilità piani di viaggio o di vita basati sulla semplice stima del tempo lineare.

Gli Argentini in particolare approfittano di questo tempo in sosta per ripetere con calma e lentezza l’immancabile rito del Mate.

Ad accompagnarli vi sono sempre bellissime borse le cui decorazioni richiamano i temi estetici più svariati e all’interno delle quali sono custoditi con cura tutti gli elementi protagonisti del rito: un termos di acqua calda, l’erba Mate, il celebre recipiente di forma semi sferica e la bombilla, cannuccia filtro con cui sorseggiano la calda bevanda con atteggiamento calmo e meditativo in un gesto che sarebbero capaci di ripetere centinaia di volte al giorno percependo sempre con intensità la connessione tra questa bevanda naturale e le cellule del proprio corpo.

 

Il Mate tuttavia non rientra nella mia cultura di base ed ho preferito sorseggiare un paio di caffè per accompagnare l’attesa per il placarsi della furia del vento.

Il tragitto in traghetto sullo Stretto di Magellano è stato breve ma sufficiente per farci godere i colori rosso fuoco del tramonto delle terre estreme, un regalo che in qualche modo ci ha fatto apprezzare i lunghi tempi di sosta. 

 

Siamo arrivati dopo la mezza notte in una città ormai semi desertica dove fortunatamente ad accoglierci c’era Gaston con la sua inseparabile combi, un van anni ottanta della Wolksvagen da lui personalizzato e a cui è riuscito a dare un’anima.

Con l’aspetto fiero di un discendente Selk'nam, la boina in testa ed un caldo maglione di lana locale, ci ha accolti a braccia aperte riuscendo a regalarci il calore di cui avevamo bisogno in questa fredda serata patagonica.

Con il suo van colorato, pieno di disegni, adesivi, tendine ricamate in casa e tante soluzioni artigianali per permetterne il funzionamento, ci ha accompagnati al nostro alloggio dove a riceverci abbiamo incontrato una simpatica ma decisamente logorroica padrona di casa a cui neanche i nostri occhi, aperti a malapena per la stanchezza, sono riusciti a far comprendere che sarebbe stato meglio rimandare all’indomani il tempo delle conversazioni.

 

Gaston e la Fuegina
 
Interni della Fuegina


Abbiamo dedicato buona parte del primo giorno in città alla ricerca delle migliori attività da poter svolgere nei suoi dintorni e già questo ci ha fatto rendere conto di come questo luogo avesse molto più da offrire rispetto alle informazioni già raccolte in precedenza al nostro arrivo.

Da Punta Arenas infatti vi sono diverse possibilità per scoprire la Regione de lo Stretto di Magellano: dalla visita alla Isla Magdalena, dove è presente una folta colonia di Pinguini la cui specie prende il nome dal celebre esploratore portoghese, alla navigazione attraverso la parte più remota dello Stretto, quella che si estende nel suo ramo sud ovest e dove è possibile avvistare da distanza irrisoria le balene che vivono in questa regione. Ci hanno raccontato che le fasi più emozionanti dell'incontro con questi enormi cetacei avvengono quando essi emergono dalle fredde acque per riprendere ossigeno dall’atmosfera oppure quando nuotano poco al di sotto della superficie marina, posizione che permette di apprezzarne le dimensioni spesso maggiori rispetto alle imbarcazioni che in quel momento le sovrastano sul pelo dell’acqua.

Dal porto cittadino partono anche escursioni che portano in visita alla Riserva Naturale del Pinguino Rey, specie di maggiori dimensioni ed eleganza rispetto ai cugini Magellanici e caratterizzata da bellissime sfumature di un piumaggio quasi dorato attorno alla testa.

Non a caso la specie Rey è quella maggiormente rappresentata nei negozi di gadget o nelle agenzie del turismo sia ad Ushuaia che a Punta Arenas.

Il tour tuttavia è piuttosto costoso e, data la delicatezza dell’ecosistema in cui vive e si riproduce il Pinguino Rey, è possibile avvistare questo regale pennuto solo da una distanza piuttosto importante e attraverso binocoli forniti dagli addetti del parco nazionale stesso.

Per chi non avesse la possibilità di spostarsi fisicamente a Puerto Natales, classico avamposto cileno al celebre parco nazionale di Torres del Paine, dalla città magellanica si ha la possibilità di scegliere tra i frequenti tour diretti alla scoperta di questo luogo iconico. La differenza sostanziale tra il partire dall’una o dall’altra città consta sostanzialmente nell’orario (05:00 am da Punta Arenas, 07:00 am da Puerto Natales) e nei costi leggermente maggiorati per partenze da Punta Arenas e giustificati da un maggior numero di km da percorrere.

 

Per questioni legate al budget (come dicevo alcune attività sono piuttosto costose) ed al fatto che la nostra tappa successiva di viaggio sarebbe stata Puerto Natales, per l’indomani avremmo scelto un’escursione non riportata tra quelle menzionate in precedenza: il trekking costiero verso il Faro San Isidro, ultima tra le torri luminose raggiungibili via terra dell’intero continente americano. Quando dico ultima mi riferisco al fatto che sia quella ubicata sul punto più meridionale dell’immensa massa terrestre che parte nell’estremo nord in Alaska e si estende per migliaia di km proprio fino alle terre bagnate dalle acque dello Stretto di Magellano ed in cui ci trovavamo in questo momento del nostro percorso sudamericano.

 

Nel pomeriggio della nostra prima giornata a Punta Arenas siamo stati nelle mani dell'amico Gaston, nato in queste terre e ad esse fortemente legato, è venuto a prenderci in centro città con la sua mitica combi e ci ha portati lungo il punto più aperto e meglio esposto al mare ed ai venti che lo blandiscono, la costa nera, ovvero il lungomare cittadino.

Qui ci ha mostrato il significato di alcune delle statue che adornano la lunga camminata, ponendo enfasi negativa sul fatto che alcune di esse stessero lì a celebrare le gesta di coloro che, invece di essere stati fieri e coraggiosi naviganti, così come i monumenti pretendono di mostrare, hanno di fatto condotto e guidato quelle spedizioni il cui scopo principale era la conquista delle terre di sudamerica a costo dello sterminio di massa di popolazioni indigene locali quali i Selk'nam (detti anche Onas), gli Yaganes e i Tehuelches.

Durante il racconto nei suoi occhi traspariva tutta la rabbia, l'indignazione e l'orgoglio di chi è nato in queste terre e porta ancora nel sangue il carattere di quei popoli e le ferite subite in orribili rappresaglie.

Anche il suo van, la Fuegina, mostrava lo stesso orgoglio e spirito di appartenenza grazie ai vari adesivi disseminati sulla sua superficie e rappresentativi della simbologia Selk'nam, con le divinità mostrate graficamente in costumi che ricordavano in maniera semplicistica quella degli eroi della Marvel.

Gastón ha parcheggiato la sua piccola casa mobile in uno slargo del lungomare, ha aperto il portellone per consentirci un contatto più diretto con il mare e la luce solare, ha preso delle tazze, acceso il fornellino e ci ha offerto un buon caffè caldo, accompagnando così la piacevole conversazione con il nostro amico cileno.

La sua ospitalità e generosità hanno avuto il culmine quando, senza inviti preannunciati, ci ha portato prima a conoscere la sua compagna di vita e i due bambini avuti con lei, per poi accompagnarci a casa dei genitori dove abbiamo potuto finalmente riscaldarci dal freddo magellanico grazie al tepore dell’abitazione, all'affetto dei suoi parenti e alla cena che ci hanno offerto a base di uova, pane fatto in casa, dolci e caffè.

 

Riproduzione delle divinità Selk'nam    

Esempio di scultura sulla Costa Nera


Nel secondo giorno a Punta Arenas ci siamo affidati alle mani di Manuel Barria, guida locale e soprattutto un giovane brillante ed intraprendente che sta cercando di sviluppare la propria agenzia di turismo, proponendo anche escursioni che difficilmente si trovano nelle classiche liste di attività dei tour operator.

La giornata è iniziata percorrendo in auto circa 70km della ruta 9 con direzione a sud di Punta Arenas, per arrivare alla fine del tracciato transitabile dalle automobili, il cosiddetto “Fin de camino”.

Da qui è iniziata una meravigliosa passeggiata di circa 6km attraverso il tratto di spiaggia lambita dalle acque dello Stretto di Magellano e che portava al Faro San Isidro.

A coglierci di sorpresa appena ci siamo incamminati sul percorso è stata una tormenta di neve e vento, potente ed inaspettata, ma che al tempo stesso ha recato un deciso fascino al paesaggio circostante ed un tocco di avventura per il nostro hiking. Una delle cose più sorprendenti di questo momento è stato il vedere il cielo completamente aperto e privo di nubi a poche centinaia di metri dalla nostra posizione, una caratteristica tipica del clima patagonico, pronto a repentini cambiamenti nel giro di pochi minuti.

La tormenta ha poi cessato la sua furia in tempi piuttosto brevi e questo ci ha permesso di godere appieno della bellezza del paesaggio che si mostrava man mano ai nostri occhi durante il percorso, nonostante Il vento, e scrosci improvvisi di pioggia abbiano voluto farci buona compagnia di tanto in tanto lungo il tragitto.

Al termine del tratto costiero ci siamo addentrati in una radura ricca di vegetazione, per poi sbucare su una graziosa baia protetta ed infine salire un piccolo colle che ci ha portati direttamente alla base del Faro San Isidro.

Il Faro non porta con sé nessuna particolare attrattiva estetica, ma la posizione in cui è ubicato, che lo rende l’ultimo faro raggiungibile via terra dell’intera massa terreste del continente americano, unito al fatto che ciò che guarda difronte sono la Isla Dawson, la Terra del Fuoco e gli ultimi pendii della cordigliera delle Ande che qui si tuffa definitivamente a mare dopo aver percorso come una spina dorsale tutto il sudamerica, arrecano a questa costruzione quel fascino e quel mistero che lo rendono unico e iconico.

Dopo circa un’ora di contemplazione nell’area del Faro, siamo rientrati al Fin de Camino, ripercorrendo lo stesso percorso in spiaggia fatto poco prima. La pesantezza del suolo, misto di sabbia, ghiaia e pietre, si è fatta sentire nel tragitto di ritorno, ma la bellezza di questo sorprendente trekking ci ha dato la forza per portarlo a compimento con successo.

 

Percorso verso il faro San Isidro

Il mare dello Stretto di Magellano


Faro San Isidro sullo sfondo

Faro San Isidro, io e Manuel



Altra perla che Manuel ci ha mostrato in questa intensa giornata di inizio dicembre è stata il Furte Bulnes; un forte cileno ubicato lungo lo Stretto di Magellano, 62 Km a sud di Punta Arenas e fondato nel 1843 su un’altura rocciosa, per volere dell’allora presidente cileno Manuel Bulnes. La sua costruzione, fatta principalmente con tronchi di legno ed erba, fu la conseguenza delle politiche di colonizzazione portate avanti nel sud del Cile. Tuttavia a causa delle severe condizioni atmosferiche, in quest’area dello Stretto di Magellano non si poté insediare una popolazione stabile e numerosa, per cui nel 1848 fu fondata a nord di questo territorio la città di Punta Arenas con condizioni climatiche leggermente più favorevoli.

Dopo il trasferimento di tutta la popolazione nella nuova città, il Forte ha iniziato lentamente la sua decadenza, fino ad eventi tragici che lo hanno portato a distruzione in un incendio per mano di un tenente d'artiglieria dell'Esercito Cileno.

Negli anni quaranta del secolo scorso il complesso è stato ricostruito in una fedele riproduzione che oggi è visitabile ed è stata dichiarata monumento nazionale.

Nella stessa area di ubicazione del Forte è presente anche un museo di assoluto interesse e che aiuta il visitatore a ripercorrere con buon grado di fedeltà la storia che ha coinvolto queste terre nei secoli passati.

Per chiudere la lunga giornata in sua compagnia, Manuel ci ha prima portati nel punto le cui coordinate geografiche rappresentano l’esatto centro del Cile (considerando l’intera estensione di questo paese fino all’Antartide) per poi farci chiudere in bellezza con la degustazione di una buonissima empanada a base di Centolla Magallanica (il granchio reale australe).

 

Fuerte Bulnes

Punta Arenas centro del Cile


Nell’ultima mattinata a Punta Arenas abbiamo approfittato di qualche ora a disposizione per completare la conoscenza della città australe. Un complesso architettonico sorprendente è stato il Cimitero Municipale Sara Braun; questo rientra tra i primi dieci cimiteri monumentali visitabili al mondo e per noi non è stato affatto scontato incontrarne uno in queste terre estreme. I suoi viali sono pieni di verde ed ornati da alberi potati con forme perfette, tra essi ci si imbatte in monumenti commemorativi oppure tombe adagiate sul terreno e abbellite da composizioni floreali e ricordi in onore dei defunti.

Altri punti interessanti della città che abbiamo avuto modo di scoprire in queste ore che ci separavano dalla partenza per Puerto Natales, prossima tappa del viaggio, sono stati: il Monumento al Ovejero, un singolare insieme di statue di bronzo rappresentati una scena di pastorizia e il Mirador Cerro de la Cruz, da cui si osserva un’inedita prospettiva della città dall’alto.
 
Cimitero Sara Braun

Mirador Cerro de la Cruz 

La Costa Nera di Punta Arenas



 

Per chiudere il nostro saluto a Punta Arenas ci siamo recati nel suo punto più aperto, la costa nera. Da qui abbiamo ammirato ancora una volta il mare dello Stretto di Magellano e le composizioni artistiche che adornano il lungomare, un luogo perfetto per congedarci da un’area sorprendente del nostro cammino, degna rappresentante della Patagonia, forgiata dalla forza dagli elementi della natura nella loro massima espressione e guardiana di uno degli stretti marittimi più iconici al mondo.