INTRODUZIONE

Ho iniziato a conoscere i grandi laghi in tarda età, dopo anni di infanzia e gioventù in cui l’unica acqua associabile a momenti di vacanza e svago era quella del mare; questa immensa distesa blu, il cui infinito orizzonte e le cui acque salate hanno fatto da sempre cornice a momenti felici e spensierati, all’assenza della scuola, ai primi amori e ad un’irrefrenabile voglia di fare.

All’età di 26 ho poi avuto l’opportunità di vivere per qualche giorno uno dei laghi più belli e struggenti d’Italia, il lago di Como, il cui profilo fino a quel momento era arrivato al mio immaginario solo attraverso i racconti del Manzoni. Ricordo che rimasi impressionato dalla sua bellezza, da ogni suo scorcio degno della mano dei migliori artisti pittorici, dai suoi colori e dalla semplice e al contempo preziosa architettura dei suoi paesini, ma anche dalla sua staticità, dal suo invito alla riflessione (il più delle volte malinconica), dalla sua mestizia; insomma tutti sentimenti contrastanti con ciò che fino a quel momento associavo a livello emozionale ad una grande distesa d’acqua.

Quest’esperienza, che per molti anni è rimasta anche l’unica legata alle sponde di un grande lago, ha impresso in me queste caratteristiche, quasi come se fossero divenute il marchio saliente delle grandi distese lacustri.

I ricordi di quei giorni iniziano a prendere forma nella mia memoria in un pomeriggio di metà Gennaio a quattordici anni di distanza, mentre le braccia sono intente in un notevole sforzo per equilibrare il peso del corpo costantemente spostato dalla forza centrifuga generata dalle curve (a dir poco “sportive”) del bus che sta portando me e Carolina dalla città di Xela a quella di San Pedro, ubicata sulle sponde del Lago Atitlán in Guatemala, nostra prossima destinazione del viaggio in Centroamerica.

Sembra che questa distesa d’acqua abbia preso un accordo con la montagna circostante, quella che permette appunto al viaggiatore di giungervi attraverso la sue strade curvilinee; ogni albero durante il tragitto in bus è posto in modo tale da svelarti velocemente piccoli scorci di lago, da lasciarti intravedere l’azzurro intenso delle sue acque e far crescere forte l’emozione della scoperta, per poi richiudersi e coprire in maniera repentina una vista che inizia a stimolare la curiosità dell’osservatore.

Il Lago Atitlán si presenta dunque così, come una bella donna che, ammiccante e di intimo vestita, decida di mostrarti lentamente gli angoli più belli e sensuali del suo corpo, lasciando poi alla pazienza ed all'immaginazione la composizione della rimanente parte del quadro.


Uno scorcio celebre del Lago Atitlan

Uno scorcio celebre del Lago Atitlan



SAN PEDRO LA LAGUNA

Solo dopo una manciata di ore dalle famose curve in autobus, la visita al piccolo molo del paesino di San Pedro aprirà la vista al tanto agognato profilo, alla curiosità di capirne la forma e i colori e a quell'inevitabile voglia di far confronti con la vecchia esperienza lacustre; un misto tra la ricerca di una confortante conferma delle caratteristiche impresse nella tua memoria e l’emozionante scoperta del nuovo, quella che dà più senso al tuo viaggiare e al raggiungere nuovi traguardi geografici.

Il lago Atitlán già al primo sguardo dichiara netta la sua personalità (ben diversa da quella da me per anni conosciuta), la sua energia, figlia dell’essere specchio d’acqua di origini vulcaniche, ed un meraviglioso profilo naturale fatto di colli verdi, di vulcani dai picchi imponenti e di paesini che si stagliano sulle sue rive, quasi a voler essere guardiani di queste acque.


Vista del lago da San Pedro

Vista da San Pedro

Vista da San Pedro

Il villaggio di San Pedro rappresenta la nostra dimora per i primi giorni di permanenza sulle sponde del lago ed il proprietario del B&B in cui alloggiamo probabilmente il personaggio più bizzarro incontrato finora; per le sue caratteristiche viene da noi subito definito “Drugo”, in omaggio al personaggio del celebre film “Il grande Lebowski”.

San Pedro sorge placido sulla sponda sud est del lago ed il mix delle peculiarità che lo contraddistingue rende la permanenza in questo paesino decisamente piacevole. 
Solo per citarne alcune, qui si incontrano: un bel percorso lungolago, un’ottima vista dal molo (da cui partono frequentemente imbarcazioni per i paesi vicini), ristorantini buoni e per tutte le tasche che ti permettono di consumare i tuoi pasti di fronte ad una meravigliosa cornice naturale, un’atmosfera rilassata e pacifica e la possibilità di poter ascoltare antichi dialetti Maya nei discorsi delle popolazioni autoctone.

Vista del lago dal terrazzo di casa

Uno scorcio di San Pedro



SANTIAGO ATITLAN

L’indomani al nostro arrivo, in una giornata in cui il livello delle onde ci ricorda la grandezza e l’estensione di questo lago e quanto esso possa quasi comportarsi come un mare poco tranquillo, salpiamo alla volta di Santiago per una visita di alcune ore a questo villaggio.

Ad essere onesti il paesino non ha lasciato ricordi memorabili, a parte i colori dei vestiti della sua gente e la leggenda della statua di Maximón (santo popolare venerato in diverse forme dalle locali popolazioni Maya) di cui si narra ogni anno venga spostata in luoghi nascosti del paese e impossibili da accedere se non accompagnati dagli abitanti del luogo. 
Nel nostro caso nessuno si è proposto da guida per la scoperta della statua, tanto meno noi ci siamo proferiti in sforzi per avventurarci in questa ricerca, pertanto la conoscenza della magica scultura è rimasta impressa solo nella nostra immaginazione.

Probabilmente la parte più emozionante della visita a Santiago è stata l’attesa al molo dell’imbarcazione di ritorno; da questa posizione infatti è possibile ammirare tutta la maestosità del vulcano San Pedro, padrone indiscusso tra i vulcani che vegliano sul lago e anche altamente fotogenico.



Per le strade di Santiago Atitlan

Il vulcano San Pedro visto dal molo di Santiago

Sul Molo di Santiago


Decidiamo di dedicare il secondo giorno di permanenza sulle sponde del lago all'esplorazione del paesino di San Marcos La Laguna, con l’intenzione di comprendere se avessimo potuto eleggere questo villaggio come nostra successiva dimora dopo San Pedro.
Parlerò di San Marcos più avanti, proprio perché la nostra visita ha anche dato concretezza all'idea di trasferirsi qui dopo qualche giorno.




NARIZ DEL INDIO

Una costante del vivere sulle sponde del Lago Atitlán è la possibilità di perdere perpetuamente lo sguardo sui picchi montuosi circostanti, includendo i già citati vulcani. La più celebre di queste cime si chiama “Nariz del Indio” (Narice dell’Indio) proprio per il suo inconfondibile profilo che richiama in maniera impressionante i caratteri degli antichi visi Maya, fronte schiacciata e leggermente inclinata e naso pronunciato.


Profilo della Nariz del Indio visto da San Juan la Laguna


La “Narice” non è famosa solo per il suddetto profilo, ma anche perché dalla sua cima si può godere forse della più bella e suggestiva vista sul lago, in particolar modo all'alba, e quest’occasione non poteva di certo sfuggirci.

Una volta scelta l’opzione della scalata all'alba non puoi fuggire al suono della sveglia fissato per le tre del mattino; il tempo di svegliare il corpo e le membra ed eccoci catapultati sul un pulmino che ci porterà (dopo 40min di curve) alle porte del villaggio di Santa Clara da dove sarebbe iniziata la salita verso la cima della Nariz. 

Facciamo parte di un gruppetto di circa otto persone, scortati nel trekking al buio da due guide locali, una a trainare il team davanti e un’altra in coda al gruppo, il cui compito è quello di raccogliere i più lenti e far sì che non si perdano.
La guida posteriore non solo diventa il mio miglior amico nella scalata, ma anche un conforto emotivo e spirituale, al punto che arrivo più volte ad abbracciarlo amichevolmente dopo avermi mostrato pazienza e sorrisi a supporto della mia salita lenta e resa ancor più goffa dall’ancor poca attitudine all'aria rarefatta di queste parti.

L’arrivo in cima è un sollievo ed è già suggestivo, in quanto dà la possibilità di osservare il lago e i suoi paesini ancora dormienti e scintillanti negli ultimi atti della notte in corso. Una piattaforma costruita apposta per godere dello spettacolo fa da poltrona per assistere al graduale mutamento delle luci all'orizzonte e al progredire di un’alba che lentamente scalda e alimenta di luce il lago con un’indescrivibile susseguirsi di colori e delle relative sfumature; non nego di essermi emozionato difronte a questa vista e alla potenza di un simile spettacolo naturale. 
Io e Carolina ci abbracciamo in silenzio, per godere e interiorizzare il tutto; è  chiaro che è uno di quei momenti che resteranno impressi per sempre nell'anima.








L'alba vista dalla Nariz del Indio


Quando il sole diviene ormai padrone dello scenario iniziamo la discesa verso casa, con ginocchia dolenti (nel mio caso) ma tanta gioia nel cuore.



SAN JUAN LA LAGUNA

Il resto della giornata sarà dedicato in parte al riposo ed in parte alla scoperta di un altro piccolo gioiello ubicato sulle sponde del lago: il villaggio di San Juan La Laguna. 
In esso ci immergiamo alla scoperta di attività artigianali locali quali la produzione di cioccolato, miele ed erbe medicamentose e ci dedichiamo all'acquisto dei relativi prodotti. 
D’altra parte è un’occasione unica per provare prodotti naturali ed aiutare la comunità locale nel suo sviluppo con un piccolo contributo economico.



Fabbrica di Cioccolato

Generazioni coinvolte nella produzione di miele

Produzione di Miele

Coltivazione erbe mediche


Il saluto a San Juan, al calar della sera, è a dir poco pittoresco e romantico: percorriamo in barca il tragitto che unisce questo villaggio a San Pedro sotto una pioggerellina costante e sulle acque del lago che hanno deciso di appiattirsi e riflettere come uno specchio il grigio perla delle nuvole sovrastanti ed il verde scuro delle cime circostanti.

Seduti sul terrazzino di un ristorante che si affaccia sulle acque lacustri, riflettiamo sull'intensità della giornata che volge al termine e sulla pienezza di contenuti che tale luogo può offrire.

Il lago e la pioggia

Il lago e la pioggia

Vista del lago da un ristorantino di San Pedro



La Nariz del Indio e San Juan chiudono anche la nostra prima parentesi sul Lago Atitlán, quella trascorsa adottando come base temporanea San Pedro La Laguna. 
Il testimone per le giornate successive, in questa singolare staffetta di paesini lacustri eletti a nostre dimore temporanee, sarà preso dal villaggio di San Marcos.




SAN MARCOS LA LAGUNA

Vi è una comune tendenza volta ad associare etichette e definizioni a determinati luoghi a causa della loro principale peculiarità o per qualche antica vicenda che inevitabilmente ne ha segnato la carta di identità. 
Personalmente non sono mai stato affezionato a questo trend, in quanto non amo racchiudere luoghi o persone in un riduttivo schema definitivo; ogni individuo porta in sé un universo in continua evoluzione, così come accade per ogni angolo di questa terra, specialmente se in esso trascorrono e si alternano negli anni vite e vicende umane di diversa natura.

San Marcos purtroppo rientra nella categoria dei posti a cui viene affibbiato un francobollo, e nel caso specifico questo risponde al nome di Hippy Town.

La prima impressione, una volta arrivati in paese, coincide per grandi linee con questa definizione: ragazzi e ragazze in vesti da figli dei fiori, una tendenza generale ad abbracciare le filosofie orientali, musica, colori e menu esposti ai ristoranti con tendenze vegetariane.

Ad una più attenta osservazione ti rendi conto che i ragazzi dai tratti occidentali gestiscono praticamente il 90% degli esercizi commerciali ubicati nella zona centrale del villaggio e che gli abitanti locali compaiono in quest’area solo nelle più umili vesti di camerieri o collaboratori al servizio dei facoltosi hippy.
Inoltre ad ogni metro sono esposti annunci per corsi di Yoga e massaggi e, alla richiesta di iscrizione ad uno di questi, vengono proposti prezzi non proprio alla portata di tutti.

In poche parole sembra che San Marcos sia sfuggita dalle mani dei popoli locali, discendenti dei Maya e depositari delle loro antiche tradizioni; sembra che la moderna forma di imperialismo occidentale, a suon di banconote con un George Washington vestito di fiori, abbia approfittato della debolezza economica degli Indios autoctoni è abbia installato qui una propria identità, apparentemente pacifica, ma che a conti fatti si rivela discriminatoria nei confronti delle tradizioni locali e di quei viaggiatori che non hanno identificato in quella hippy la propria filosofia di vita.

Quest’analisi non condizionerà in negativo la nostra permanenza a San Marcos ma era doveroso farla alla luce del rispetto per le popolazioni locali, per la loro intensa storia e tradizione e per quell’infinita gentilezza ed umiltà con cui ti accolgono, ben diversa dai moti dell’uomo occidentale, che spesso nasconde sotto false vesti e sorrisi dei puri e meri interessi economici.

Per le strade di San Marcos la Laguna

Il lago ed il vulcano San Pedro visti dal molo di San Marcos


Nei tre giorni di permanenza in questo paesino dal carattere speciale abbiamo avuto modo di accumulare belle e profonde esperienze.

Dal punto di vista umano ricorderemo sicuramente Santos, il proprietario della struttura in cui abbiamo alloggiato, che ci ha illustrato l’anima vera di questi luoghi, raccontandoci storie sulla sua famiglia, sulle discendenze Maya e sulla sua vita, dall'infanzia trascorsa in povertà alla realizzazione di un sogno, quello di ritornare nella propria terra dopo anni di sacrifici negli Stati Unici per stabilirvisi e far crescere la sua piccola attività di ricezione turistica.

Maria, ragazza neozelandese volontaria presso la Fungi Academy, una struttura nella vicina località di Tzununa dove vengono tenuti corsi per la coltivazione di funghi magici. 
Ci ha accolti in una piacevole chiacchierata e ha saputo regalarmi un meraviglioso abbraccio vedendo le lacrime scendere sul mio viso a seguito dell’improvvisa notizia dall'Italia della scomparsa di una persona a me cara.

Mara e il suo piccolo Sandro, ospiti del nostro stesso B&B. Lei, canadese, aveva già risieduto in passato per diversi anni a San Marcos e oggi è tornata qui per una manciata di mesi con suo figlio di sei anni per permettergli di conoscere una cultura nuova e diversa da quella delle proprie origini. 
Lui, un piccolo concentrato di energia, vispa intelligenza e la classica innocenza comica dei bambini, che tanto ha da insegnare a noi adulti e che tanto ci fa sorridere.


Santos

Mara e Sandro



Insieme a queste splendide persone, il nostro tempo nel piccolo villaggio Maya è stato incorniciato dai momenti trascorsi nella riserva naturale Cerro Tzankujil proprio a due passi dal nostro alloggio.
Questa macchia verde protetta si affaccia su uno dei più begli angoli del lago, proponendo l’esclusiva su scorci e viste sul paesaggio circostante ben difficili da cogliere da altri punti del perimetro lacustre.
In essa abbiamo passeggiato, ci siamo immersi nelle fredde acque del lago, partecipato alla cerimonia Maya del fuoco, tenuta da sciamani locali, e abbiamo perso le nostre menti in un lento e caldo pomeriggio grazie agli affetti di un cioccolatino alla psilocibina.


Un angolo del Cerro Tzankujil

Cerro Tzankujil

Uno scorcio dal Cerro Tzankujil

Dopo un bagno nelle acque del lago

Contemplando il lago


Cerimonia Maya del Fuoco


In poche parole San Marcos ci ha offerto esperienze diverse da quelle provate nei giorni trascorsi a San Pedro, quasi a voler completare tutto il possibile raggio di emozioni e di vissuto che il lago Atitlán può offrire.

L’immagine del piccolo Sandro, venuto ancora in pigiama per salutarci presso il molo nella mattina della nostra partenza da San Marcos, probabilmente resterà uno dei ricordi più teneri dell’intero viaggio, e sarà la degna conclusione di questa settimana unica, trascorsa sulle rive del lago più celebre del Guatemala e probabilmente dell’intero Centro America.


Il piccolo Sandro ci saluta al molo di San Marcos




Granada
Avete presente quegli sport in cui l’andamento della performance è legato inevitabilmente al voto di una giuria che, per quanto competente e imparziale, non potrà mai annullare quella piccolissima percentuale di coinvolgimento emotivo (comprensibilmente umano ma tanto ingiusto) nel momento dell’assegnazione del punteggio?

Ebbene la città di Granada si è trovata nella posizione di un atleta costretto ad eseguire la propria performance dopo quella  dell’ottima avversaria Leon ed essere giudicata da me e Carolina, giudici in parte (e probabilmente di parte) già segnati emotivamente dalle vicende nella vecchia capitale del paese, simbolo della rivolta sandinista.

Granada da sempre contende a Leon il titolo di prima donna del Nicaragua, le due sfidanti duellano a colpi di eleganti architetture coloniali, chiese maestose, identità politiche diverse e ben definite, importanti scenari storici e iconici siti naturali che si estendono nelle aree circostanti.

Incontriamo questa graziosa città che si affaccia sulle sponde del lago Nicaragua in un 15 Febbraio che, per calore percepito, ci ricorda più il ferragosto italiano.
Camminare per le sue stradine centrali è davvero piacevole; i colori degli edifici e le facce sorridenti delle persone ti accompagnano mentre esplori questa città. 


Cattedrale di Granada
Granada

Granada

Granada

Il nostro ostello (il ‘’de boca en boca’’, uno dei migliori del viaggio) si trova proprio a lato di una delle più importanti chiese della città, la Merced, dal cui campanile abbiamo avuto anche la possibilità di ammirare un’eccezionale vista dei suoi quartieri, della cattedrale (il cui profilo domina lo skyline verso il lago) e del vulcano Mombacho, gigante silenzioso ed imponente. 


Vista del Mombacho dal campanile della Merced
Granada vista dal campanile della Merced



Una sua eruzione, databile diverse migliaia di anni fa, ha creato quello che oggi viene conosciuto come l’arcipelago delle Isletas, un insieme di 300 isolotti formati nelle acque del lago Nicaragua proprio in prossimità della città di Granada.

Queste isole rappresentano anche la prima escursione che intraprendiamo a poche ore dall’arrivo a Granada: un giro in barca di circa un’ora ci fa scoprire parte dell’arcipelago (in tutto passiamo accanto ad una cinquantina di isolotti) e da esso apprendiamo che ognuna di esse è proprietà di un personaggio più o meno noto che ha deciso di farne la propria residenza estiva o di costruirvi strutture per la ricezione turistica. 
Sull’ultimo isolotto abbiamo anche il piacere di salutare gli unici abitanti presenti su esso, due simpatiche scimmiette della razza ragno.


Le Isletas
Un incontro bizzarro :)



Un’altra piacevole escursione da fare in giornata è la visita alla Laguna di Apoyo, anch’essa formatasi a seguito di antiche attività vulcaniche. 
Questo specchio d’acqua può essere ammirato direttamente dalle sue sponde, a colpi di pagaia in un piacevole giro in Kayak, oppure dalla cima del Mirador Catarina. Noi abbiamo optato per la seconda opzione e questa scelta è stata ampiamente ripagata dallo scenario che si è presentato ai nostri occhi: una vista panoramica della laguna da brividi.


La Laguna de Apoyo vista dal Mirador Catarina

Una cosa che caratterizza le due città contendenti è la ricca presenza di vulcani nei loro dintorni. 
Personalmente non ho scalato nessun vulcano in Guatemala a causa di una condizione fisico atletica ancora lontana da standard decenti, tanto meno a Leon ci siamo avvicinati al Cerro Negro e al Telica in quanto i tour proposti avevano un costo spropositato in relazione a quanto offerto.

Durante i giorni trascorsi a Granada il Mombacho non ha mai esitato di mettersi in mostra; praticamente la sua presenza era visibile da ogni angolo della città e anche dai luoghi limitrofi come le Isletas e la laguna Apoyo. 
Questo suo osservarci di continuo non ci ha lasciato indifferenti e la decisione finale di salire sulla sua cima ha esteso la nostra permanenza a Granada di un ulteriore giorno.

Personalmente ho affrontato la scalata di questo vulcano come test per verificare le mie condizioni fisiche; gli articoli incontrati sul web che ne descrivono il livello di difficoltà non sono incoraggianti in tal senso, ma la voglia di mettersi in gioco ha superato dubbi e titubanze ed eccoci quindi ad intraprendere la salita. 
Cinque km con pendenza di 45 gradi non sono stati cosa facile, ma la determinazione ed il terreno pavimentato hanno aiutato il compimento dell’impresa nel rispettabile tempo di 2 ore. 
Una volta in cima abbiamo intrapreso l’hiking lungo il sentiero che circondava uno dei crateri del vulcano; questo ci ha permesso di godere di una natura verde ed intensa e di una vista spettacolare sul lago Nicaragua, le sue Isletas e la già citata laguna de Apoyo.
Questa piccola grande impresa, che ha regalato una buona iniezione di fiducia alle mie gambe, chiude anche la nostra permanenza a Granada.


La scalata del Mombacho

Trekking sul cratere del Mombacho

Vista della valle e del Lago Nicaragua dalla cima del Mombacho

Che dire, la città ha giocato bene le sue carte, ma il gap di svantaggio con cui giocava questa partita nei confronti della rivale Leon non le ha permesso di spodestare dal trono della nostra personale classifica la vecchia capitale del paese.


Ometepe
Il lago Nicaragua, oltre a bagnare i margini della bella Granada, ospita anche una delle isole più celebri dell’intero Centro America: la Isla de Ometepe si estende su una superficie di 276 Kmq e in essa si ergono due tra i principali vulcani del Nicaragua, il Maderas ed il Concepcion.


Vulcano Concepcion (Isola di Ometepe)

L’isola offre diverse possibilità di esplorazione e noi abbiamo scelto di trascorrere qui quattro giorni cercando di trarre il meglio da questo tempo.

La scalata ai due vulcani era un’attività al di fuori della nostra portata fisica, anche perché sono tra i picchi più difficili da scalare di tutto il Centro America, pertanto abbiamo optato per forme esplorative dell’isola che meglio si addicessero ai due protagonisti di questa avventura, ancora alla ricerca della loro migliore condizione atletica. 

A tal proposito la bici è stato il mezzo scelto per dedicare una giornata all’esplorazione in autonomia di una parte dell’isola; grazie ad essa abbiamo raggiunto una piscina semi naturale ed immersa nel verde, Ojo de Agua, dove abbiamo trascorso qualche ora ed in cui abbiamo visitato una finca dedicata alle piantagioni di platani. 

Personalmente ho anche rischiato di terminare qui la mia giornata in quanto la catena della bicicletta ha ceduto al mio incedere pesante e si è rotta proprio all’entrata della riserva naturale della piscina; solo la gentilezza e le capacità meccaniche di un ragazzo nicaraguense, addetto ai controlli all’ingresso del parco, hanno permesso al mio piccolo grande mezzo di locomozione di riprendere le sue originarie virtù.


Ojo de Agua


Terminata la fase rilassante della giornata a bordo piscina siamo tornati in sella per esplorare l’istmo che collega le due zone principali dell’isola dove sono anche ubicati i due vulcani; la passeggiata ci ha portati sulle spiagge principali,  Santo Domingo e Santa Cruz, da cui è possibile ammirare la vista dei giganti dormienti e sulle quali abbiamo approfittato per immergerci in un momento di riflessione sulla bellezza di questi luoghi e sulla gratitudine che proviamo per avere la possibilità di esplorarli.


In bici con il vulcano Maderas alle spalle

Playa Santo Domingo


Il ritorno verso casa ha avuto un sapore diverso rispetto alle aspettative iniziali di un tranquillo giro in bici: gambe pesanti e piccole grandi salite hanno fatto sì che questo tratto di strada diventasse una sorta di calvario fisico. 
La strada sembrava interminabile e ci sono stati momenti in cui abbiamo spinto la bici a mano, prendendo la cosa con una buona dose di risate ma anche con la consapevolezza che la strada verso una condizione fisica decente sia ancora piuttosto lontana.

L’isola ci ha dato nei giorni successivi anche la possibilità di esplorare una bella riserva naturale (Charco Verde) con tanto di santuario delle farfalle (Mariposario) e di immergerci per un paio di notti in una finca immersa nel verde (Finca Mystica) da cui ogni sera potevamo ammirare i colori del tramonto che sfumavano leggeri sulle acque del lago e che è stata la base per un piacevole hiking che ci ha portati alla scoperta della cascata San Ramon, ubicata su una dorsale del vulcano Madera.

Il bagno nelle fredde acque della cascata è stato davvero rigenerante e il passaggio in auto ottenuto da una coppia di viaggiatori canadesi con bimbo al seguito ha reso il tratto iniziale dell’hike meno duro.


Charco Verde

Charco Verde

Finca Mystica


Cascata San Ramon


Ometepe non ha deluso le aspettative e al momento di salutare l’isola abbiamo percepito la piena consapevolezza di aver estratto il meglio di essa nel tempo che ci eravamo concessi.

San Juan del Sur
Il viaggio in Nicaragua si chiude con un luogo che è stato una piacevole ed inaspettata scoperta. San Juan del Sur, sulle sponde del pacifico a sud del paese ci ha accolti con un’atmosfera marina rilassata ed una spiaggia chiusa all’interno di una baia da cui abbiamo assistito ad uno dei tramonti più intensi di questa parte di viaggio. 
Il paesino è davvero godibile e, in barba alle definizioni lette sui soliti blog (party town, paradiso dei surfisti, ecc.), abbiamo trovato in esso pace e tranquillità, un mare bello e facilmente accessibile, una spiaggia spaziosa che ogni sera si converte nella miglior platea possibile per assistere allo spettacolo del calar del sole. 

La baia è dominata da una collina sulla cui sommità si erge la statua del Cristo de la Merced, alta 25m e da cui è possibile ammirare un panorama mozzafiato dell’intera baia, probabilmente una delle cartoline più famose dell’America centrale.


La baia di San Juan del Sur
Cristo de la Merced



Spiaggia di San Juan del Sur

Il tramonto a San Juan


Grazie Nicaragua, che magnifica scoperta!