Considerata da molti viaggiatori come semplice meta di passaggio nella rotta patagonica che connette Ushuaia a Puerto Natales, la città cilena di Punta Arenas ed il territorio che la circonda hanno sicuramente molto più da raccontare rispetto ad una semplice definizione che rischierebbe di lasciare la sua fama nell’anonimato.

La città è il centro nevralgico della regione cilena che si affaccia sullo Stretto di Magellano e già questo potrebbe vestire la sua fama con una buona dose di importanza. 

 

Il tragitto che ci ha portati da Ushuaia a Punta Arenas il 4 Dicembre 2022 è stato affrontato in autobus e le undici ore stimate di percorso si sono trasformate in circa sedici grazie ai venti dello stretto che non hanno permesso a nessuna imbarcazione, dedicata al trasporto di persone e veicoli, di navigare il tratto di mare compreso tra Bahia Azul a Punta Delgada per cinque lunghe ore.

I due luoghi appena citati sono fondamentali porti di connessione che permettono il collegamento tra la grande Isla del Fuego sul versante sud (Bahia Azul) con il resto del continente Americano (Punta Delgada); il tratto di mare da affrontare per passare da un territorio all’altro copre in teoria una distanza irrisoria, ma l’imprevedibilità delle condizioni atmosferiche può rendere le attese per portare a termine questo passaggio lunghe ed estenuanti.

 

In questi casi basta osservare il comportamento dei locali ed ammirare la loro pazienza e resilienza, una forma di rispetto verso la potenza della natura che, in Patagonia più di molti altri luoghi del mondo, può condizionare in maniera determinante l’evoluzione degli eventi e far saltare con estrema facilità piani di viaggio o di vita basati sulla semplice stima del tempo lineare.

Gli Argentini in particolare approfittano di questo tempo in sosta per ripetere con calma e lentezza l’immancabile rito del Mate.

Ad accompagnarli vi sono sempre bellissime borse le cui decorazioni richiamano i temi estetici più svariati e all’interno delle quali sono custoditi con cura tutti gli elementi protagonisti del rito: un termos di acqua calda, l’erba Mate, il celebre recipiente di forma semi sferica e la bombilla, cannuccia filtro con cui sorseggiano la calda bevanda con atteggiamento calmo e meditativo in un gesto che sarebbero capaci di ripetere centinaia di volte al giorno percependo sempre con intensità la connessione tra questa bevanda naturale e le cellule del proprio corpo.

 

Il Mate tuttavia non rientra nella mia cultura di base ed ho preferito sorseggiare un paio di caffè per accompagnare l’attesa per il placarsi della furia del vento.

Il tragitto in traghetto sullo Stretto di Magellano è stato breve ma sufficiente per farci godere i colori rosso fuoco del tramonto delle terre estreme, un regalo che in qualche modo ci ha fatto apprezzare i lunghi tempi di sosta. 

 

Siamo arrivati dopo la mezza notte in una città ormai semi desertica dove fortunatamente ad accoglierci c’era Gaston con la sua inseparabile combi, un van anni ottanta della Wolksvagen da lui personalizzato e a cui è riuscito a dare un’anima.

Con l’aspetto fiero di un discendente Selk'nam, la boina in testa ed un caldo maglione di lana locale, ci ha accolti a braccia aperte riuscendo a regalarci il calore di cui avevamo bisogno in questa fredda serata patagonica.

Con il suo van colorato, pieno di disegni, adesivi, tendine ricamate in casa e tante soluzioni artigianali per permetterne il funzionamento, ci ha accompagnati al nostro alloggio dove a riceverci abbiamo incontrato una simpatica ma decisamente logorroica padrona di casa a cui neanche i nostri occhi, aperti a malapena per la stanchezza, sono riusciti a far comprendere che sarebbe stato meglio rimandare all’indomani il tempo delle conversazioni.

 

Gaston e la Fuegina
 
Interni della Fuegina


Abbiamo dedicato buona parte del primo giorno in città alla ricerca delle migliori attività da poter svolgere nei suoi dintorni e già questo ci ha fatto rendere conto di come questo luogo avesse molto più da offrire rispetto alle informazioni già raccolte in precedenza al nostro arrivo.

Da Punta Arenas infatti vi sono diverse possibilità per scoprire la Regione de lo Stretto di Magellano: dalla visita alla Isla Magdalena, dove è presente una folta colonia di Pinguini la cui specie prende il nome dal celebre esploratore portoghese, alla navigazione attraverso la parte più remota dello Stretto, quella che si estende nel suo ramo sud ovest e dove è possibile avvistare da distanza irrisoria le balene che vivono in questa regione. Ci hanno raccontato che le fasi più emozionanti dell'incontro con questi enormi cetacei avvengono quando essi emergono dalle fredde acque per riprendere ossigeno dall’atmosfera oppure quando nuotano poco al di sotto della superficie marina, posizione che permette di apprezzarne le dimensioni spesso maggiori rispetto alle imbarcazioni che in quel momento le sovrastano sul pelo dell’acqua.

Dal porto cittadino partono anche escursioni che portano in visita alla Riserva Naturale del Pinguino Rey, specie di maggiori dimensioni ed eleganza rispetto ai cugini Magellanici e caratterizzata da bellissime sfumature di un piumaggio quasi dorato attorno alla testa.

Non a caso la specie Rey è quella maggiormente rappresentata nei negozi di gadget o nelle agenzie del turismo sia ad Ushuaia che a Punta Arenas.

Il tour tuttavia è piuttosto costoso e, data la delicatezza dell’ecosistema in cui vive e si riproduce il Pinguino Rey, è possibile avvistare questo regale pennuto solo da una distanza piuttosto importante e attraverso binocoli forniti dagli addetti del parco nazionale stesso.

Per chi non avesse la possibilità di spostarsi fisicamente a Puerto Natales, classico avamposto cileno al celebre parco nazionale di Torres del Paine, dalla città magellanica si ha la possibilità di scegliere tra i frequenti tour diretti alla scoperta di questo luogo iconico. La differenza sostanziale tra il partire dall’una o dall’altra città consta sostanzialmente nell’orario (05:00 am da Punta Arenas, 07:00 am da Puerto Natales) e nei costi leggermente maggiorati per partenze da Punta Arenas e giustificati da un maggior numero di km da percorrere.

 

Per questioni legate al budget (come dicevo alcune attività sono piuttosto costose) ed al fatto che la nostra tappa successiva di viaggio sarebbe stata Puerto Natales, per l’indomani avremmo scelto un’escursione non riportata tra quelle menzionate in precedenza: il trekking costiero verso il Faro San Isidro, ultima tra le torri luminose raggiungibili via terra dell’intero continente americano. Quando dico ultima mi riferisco al fatto che sia quella ubicata sul punto più meridionale dell’immensa massa terrestre che parte nell’estremo nord in Alaska e si estende per migliaia di km proprio fino alle terre bagnate dalle acque dello Stretto di Magellano ed in cui ci trovavamo in questo momento del nostro percorso sudamericano.

 

Nel pomeriggio della nostra prima giornata a Punta Arenas siamo stati nelle mani dell'amico Gaston, nato in queste terre e ad esse fortemente legato, è venuto a prenderci in centro città con la sua mitica combi e ci ha portati lungo il punto più aperto e meglio esposto al mare ed ai venti che lo blandiscono, la costa nera, ovvero il lungomare cittadino.

Qui ci ha mostrato il significato di alcune delle statue che adornano la lunga camminata, ponendo enfasi negativa sul fatto che alcune di esse stessero lì a celebrare le gesta di coloro che, invece di essere stati fieri e coraggiosi naviganti, così come i monumenti pretendono di mostrare, hanno di fatto condotto e guidato quelle spedizioni il cui scopo principale era la conquista delle terre di sudamerica a costo dello sterminio di massa di popolazioni indigene locali quali i Selk'nam (detti anche Onas), gli Yaganes e i Tehuelches.

Durante il racconto nei suoi occhi traspariva tutta la rabbia, l'indignazione e l'orgoglio di chi è nato in queste terre e porta ancora nel sangue il carattere di quei popoli e le ferite subite in orribili rappresaglie.

Anche il suo van, la Fuegina, mostrava lo stesso orgoglio e spirito di appartenenza grazie ai vari adesivi disseminati sulla sua superficie e rappresentativi della simbologia Selk'nam, con le divinità mostrate graficamente in costumi che ricordavano in maniera semplicistica quella degli eroi della Marvel.

Gastón ha parcheggiato la sua piccola casa mobile in uno slargo del lungomare, ha aperto il portellone per consentirci un contatto più diretto con il mare e la luce solare, ha preso delle tazze, acceso il fornellino e ci ha offerto un buon caffè caldo, accompagnando così la piacevole conversazione con il nostro amico cileno.

La sua ospitalità e generosità hanno avuto il culmine quando, senza inviti preannunciati, ci ha portato prima a conoscere la sua compagna di vita e i due bambini avuti con lei, per poi accompagnarci a casa dei genitori dove abbiamo potuto finalmente riscaldarci dal freddo magellanico grazie al tepore dell’abitazione, all'affetto dei suoi parenti e alla cena che ci hanno offerto a base di uova, pane fatto in casa, dolci e caffè.

 

Riproduzione delle divinità Selk'nam    

Esempio di scultura sulla Costa Nera


Nel secondo giorno a Punta Arenas ci siamo affidati alle mani di Manuel Barria, guida locale e soprattutto un giovane brillante ed intraprendente che sta cercando di sviluppare la propria agenzia di turismo, proponendo anche escursioni che difficilmente si trovano nelle classiche liste di attività dei tour operator.

La giornata è iniziata percorrendo in auto circa 70km della ruta 9 con direzione a sud di Punta Arenas, per arrivare alla fine del tracciato transitabile dalle automobili, il cosiddetto “Fin de camino”.

Da qui è iniziata una meravigliosa passeggiata di circa 6km attraverso il tratto di spiaggia lambita dalle acque dello Stretto di Magellano e che portava al Faro San Isidro.

A coglierci di sorpresa appena ci siamo incamminati sul percorso è stata una tormenta di neve e vento, potente ed inaspettata, ma che al tempo stesso ha recato un deciso fascino al paesaggio circostante ed un tocco di avventura per il nostro hiking. Una delle cose più sorprendenti di questo momento è stato il vedere il cielo completamente aperto e privo di nubi a poche centinaia di metri dalla nostra posizione, una caratteristica tipica del clima patagonico, pronto a repentini cambiamenti nel giro di pochi minuti.

La tormenta ha poi cessato la sua furia in tempi piuttosto brevi e questo ci ha permesso di godere appieno della bellezza del paesaggio che si mostrava man mano ai nostri occhi durante il percorso, nonostante Il vento, e scrosci improvvisi di pioggia abbiano voluto farci buona compagnia di tanto in tanto lungo il tragitto.

Al termine del tratto costiero ci siamo addentrati in una radura ricca di vegetazione, per poi sbucare su una graziosa baia protetta ed infine salire un piccolo colle che ci ha portati direttamente alla base del Faro San Isidro.

Il Faro non porta con sé nessuna particolare attrattiva estetica, ma la posizione in cui è ubicato, che lo rende l’ultimo faro raggiungibile via terra dell’intera massa terreste del continente americano, unito al fatto che ciò che guarda difronte sono la Isla Dawson, la Terra del Fuoco e gli ultimi pendii della cordigliera delle Ande che qui si tuffa definitivamente a mare dopo aver percorso come una spina dorsale tutto il sudamerica, arrecano a questa costruzione quel fascino e quel mistero che lo rendono unico e iconico.

Dopo circa un’ora di contemplazione nell’area del Faro, siamo rientrati al Fin de Camino, ripercorrendo lo stesso percorso in spiaggia fatto poco prima. La pesantezza del suolo, misto di sabbia, ghiaia e pietre, si è fatta sentire nel tragitto di ritorno, ma la bellezza di questo sorprendente trekking ci ha dato la forza per portarlo a compimento con successo.

 

Percorso verso il faro San Isidro

Il mare dello Stretto di Magellano


Faro San Isidro sullo sfondo

Faro San Isidro, io e Manuel



Altra perla che Manuel ci ha mostrato in questa intensa giornata di inizio dicembre è stata il Furte Bulnes; un forte cileno ubicato lungo lo Stretto di Magellano, 62 Km a sud di Punta Arenas e fondato nel 1843 su un’altura rocciosa, per volere dell’allora presidente cileno Manuel Bulnes. La sua costruzione, fatta principalmente con tronchi di legno ed erba, fu la conseguenza delle politiche di colonizzazione portate avanti nel sud del Cile. Tuttavia a causa delle severe condizioni atmosferiche, in quest’area dello Stretto di Magellano non si poté insediare una popolazione stabile e numerosa, per cui nel 1848 fu fondata a nord di questo territorio la città di Punta Arenas con condizioni climatiche leggermente più favorevoli.

Dopo il trasferimento di tutta la popolazione nella nuova città, il Forte ha iniziato lentamente la sua decadenza, fino ad eventi tragici che lo hanno portato a distruzione in un incendio per mano di un tenente d'artiglieria dell'Esercito Cileno.

Negli anni quaranta del secolo scorso il complesso è stato ricostruito in una fedele riproduzione che oggi è visitabile ed è stata dichiarata monumento nazionale.

Nella stessa area di ubicazione del Forte è presente anche un museo di assoluto interesse e che aiuta il visitatore a ripercorrere con buon grado di fedeltà la storia che ha coinvolto queste terre nei secoli passati.

Per chiudere la lunga giornata in sua compagnia, Manuel ci ha prima portati nel punto le cui coordinate geografiche rappresentano l’esatto centro del Cile (considerando l’intera estensione di questo paese fino all’Antartide) per poi farci chiudere in bellezza con la degustazione di una buonissima empanada a base di Centolla Magallanica (il granchio reale australe).

 

Fuerte Bulnes

Punta Arenas centro del Cile


Nell’ultima mattinata a Punta Arenas abbiamo approfittato di qualche ora a disposizione per completare la conoscenza della città australe. Un complesso architettonico sorprendente è stato il Cimitero Municipale Sara Braun; questo rientra tra i primi dieci cimiteri monumentali visitabili al mondo e per noi non è stato affatto scontato incontrarne uno in queste terre estreme. I suoi viali sono pieni di verde ed ornati da alberi potati con forme perfette, tra essi ci si imbatte in monumenti commemorativi oppure tombe adagiate sul terreno e abbellite da composizioni floreali e ricordi in onore dei defunti.

Altri punti interessanti della città che abbiamo avuto modo di scoprire in queste ore che ci separavano dalla partenza per Puerto Natales, prossima tappa del viaggio, sono stati: il Monumento al Ovejero, un singolare insieme di statue di bronzo rappresentati una scena di pastorizia e il Mirador Cerro de la Cruz, da cui si osserva un’inedita prospettiva della città dall’alto.
 
Cimitero Sara Braun

Mirador Cerro de la Cruz 

La Costa Nera di Punta Arenas



 

Per chiudere il nostro saluto a Punta Arenas ci siamo recati nel suo punto più aperto, la costa nera. Da qui abbiamo ammirato ancora una volta il mare dello Stretto di Magellano e le composizioni artistiche che adornano il lungomare, un luogo perfetto per congedarci da un’area sorprendente del nostro cammino, degna rappresentante della Patagonia, forgiata dalla forza dagli elementi della natura nella loro massima espressione e guardiana di uno degli stretti marittimi più iconici al mondo.

 

 

 

 

 



 

Ci sono luoghi nel mondo dei quali ti sembra di aver ascoltato storie e racconti da sempre, luoghi remoti e osservati solo attraverso documentari televisivi o articoli di viaggio, luoghi che nel tempo si fissano nella memoria coprendosi di un’aura mistica, così lontani e surreali che quasi ti avvolge la convinzione che sia impossibile raggiungerli nel proprio percorso di vita.


Ushuaia è uno di questi, ubicato in Terra del Fuoco, estremo sud del continente americano.

Terra che in realtà è isola, fuoco che diventa ghiaccio nel momento in cui metti piede in questa zona remota e ne percepisci le condizioni climatiche, avamposto più prossimo all’infinita massa di ghiaccio che è l’Antartide.

Sede di canali e stretti marittimi iconici, percorsi dai primi navigatori cinque secoli orsono e che salpavano dall’Europa alla scoperta di terre estreme, molte volte a costo della propria vita.

Terra di pinguini, leoni marini, balene ed un’infinita varietà di uccelli e altre specie appartenenti ad una fauna poco nota a noi europei.

Terra in cui gli elementi della natura possono esprimersi al massimo della propria forza e vigore; a volte unendosi in una combinazione affascinante ed armonica, creando cornici di grande bellezza per il paesaggio naturale, altre invece portando all’estremo la vivibilità di questi luoghi e riportando alla nostra coscienza la consapevolezza della potenza della natura e del rispetto da nutrire per essa e i suoi cicli.

 

Siamo arrivati ad Ushuaia con un volo partito da Buenos Aires il 28 Novembre 2022, non un volo qualunque, ma una vera e propria esperienza di vita.

Al di là delle perturbazioni che hanno accompagnato buona parte delle tre ore e mezza di traversata, la parte più bella ed emozionante di questo viaggio ha avuto luogo proprio quando il velivolo ha avviato le manovre di atterraggio per approcciare alla Terra del Fuoco.

Uno sguardo dal finestrino e la visione di un paesaggio dalla morfologia unica e nuova per i nostri occhi, terre frastagliate tra mare, isole e montagne, una luce solare chiara, limpidissima e quasi accecante, tagliata a volte solo da soffici e placidi blocchi di nubi.

Il vento delle terre estreme è stato l’altro elemento che ha accompagnato l’esperienza facendo oscillare l’aereo in una danza a tratti spaventosa e per altri avventurosa e adrenalinica.

Ushuaia è riuscita dunque a lasciare il segno ancor prima di addentrarsi alla sua scoperta e a quella dei territori che la circondano.

 

Ad accoglierci in aeroporto la proprietaria del b&b dove avremmo alloggiato per circa una settimana: Erica. Vivace e piena di energia sarà la chiave che ci permetterà di vivere al meglio le esperienze in questo meraviglioso angolo di mondo grazie alla sua eccellente capacità organizzativa.

 

Il tempo di disfare le valigie e subito ci siamo immersi nella prima emozionante esperienza dei nostri giorni a Ushuaia: la navigazione attraverso il Canale di Beagle, iconico stretto di acque che divide la grande isola della Terra del Fuoco (Argentina) da altri isolotti ubicati sul lato sud ed appartenenti allo stato del Cile.

Siamo salpati a bordo di un catamarano dal porto di Ushuaia e abbiamo navigato per diverse ore attraverso questo storico canale ammirando il fascino delle terre estreme, montagne e ghiacciai che si alternano in lontananza e famiglie di leoni marini stesi placidi sugli scogli a condividere il territorio con i cormorani.

L’incedere graduale dell’imbarcazione ci ha permesso di assaporare con calma e meraviglia tutto questo, effettuando diverse fermate di alcuni minuti nei pressi dei punti più iconici del canale.

Uno di questi è il Faro della fine del mondo (Faro Les Eclaireurs), da sempre ammirato negli articoli di viaggio dedicati a queste terre e ora finalmente ad una distanza irrisoria.

Il suo profilo crea un quadro suggestivo con l’insieme del mare, delle nuvole e delle montagne che lo circondano, un mix fotogenico che facilmente si imprime nella memoria.

Uno dei momenti più emozionanti della navigazione si raggiunge quando il catamarano approccia a pochi metri dall’Isla Martillo e dalla balconata dello stesso è possibile ammirare la folta colonia di Pinguini Magellano. Questa è una delle tante specie di pinguini presenti in Patagonia, la cui caratteristica è un’altezza media di circa 60cm e striature bianche e nere lungo il corpo.

I simpatici pennuti erano davvero numerosi, ed osservarli nei loro gesti e movimenti ad una distanza così ravvicinata è stato uno spettacolo. Alcuni camminavano con la loro tipica andatura dirigendosi verso il mare per un tuffo, altri semplicemente oziavano stesi sulla ghiaia ed altri ancora sembrava che si stessero baciando facendo urtare delicatamente i propri becchi.

Ho fatto del mio meglio per cogliere questi momenti con la macchina fotografica, ma ciò che una fotografia non potrà mai esprimere sono le sensazioni provate di fronte a tale meraviglia.

Il rientro verso il porto di Ushuaia è stato un farci cullare dall’andatura del Catamarano, ammirando dal suo interno i meravigliosi paesaggi assaporati pochi minuti prima sfidando il gelido vento del fuori coperta. Le pochissime ore di sonno sulle spalle dovute alla partenza notturna del volo da Buenos Aires ci hanno permesso di entrare in uno stato contemplativo e quasi onirico, godendoci tutto ciò che questa traversata ci ha potuto regalare nel primo giorno in terre estreme.

 

 

Canale di Beagle

Canale di Beagle- Faro Les Eclaireurs

Canale di Beagle

Canale di Beagle


Leoni marini nel Canale di Beagle


Pinguini Magellano in Isla Martillo

Isla Martillo

Isla Martillo



Ushuaia è circondata da parchi naturali, montagne, ghiacciai, laghi, mare, in pratica un insieme di elementi naturali che permettono ad un viaggiatore una vasta scelta di esperienze da intraprendere.

 

Il trekking al Glaciar Martial per noi è stata una di queste. Un percorso di 5 o 6 km solo andata che si sviluppa in salita e porta alle pendici di questo ghiacciaio attraversando un paesaggio a tratti verde e rigoglioso e per altri punti aspro e roccioso. Compagno instancabile della traversata è stato il vento patagonico che nei punti più esposti del cammino quasi ha rischiato di portarci con sé. L’arrivo al ghiacciaio è stato comunque spettacolare, un po' per la sua imponenza e bellezza e un po' per il paesaggio aperto e suggestivo che si apprezza ruotando lo sguardo a 360 gradi con vista panoramico sulla città di Ushuaia e la sua baia.


 

Glaciar Martial


Vista della baia di Ushuaia dal Glaciar Martial

 

Altro bellissimo cammino in natura a pochi km da Ushuaia è il trekking alla Laguna Esmeralda ed anche in questo caso la distanza da percorrere è stata di circa 10km totali tra andata e ritorno. A differenza del Glaciar Martial, il cammino verso la laguna è più armonico e con pendenze minori, si snoda attraverso boschi e radure aperte in cui è possibile apprezzare la flora patagonica; i ruscelli disegnano il percorso e ti accompagnano lungo i sentieri, alternando la presenza di piccoli e scenografici ponticelli.

La laguna è nascosta da un piccolo pendio che rende la sorpresa e lo spettacolo più emozionanti. Infatti, dopo una piccola salita rocciosa, ci si trova davanti ad uno specchio d’acqua di montagna dal color turchese che si intensifica quando i raggi solari diventano più intensi. C’è da dire che anche in presenza di nuvole la Laguna Esmeralda mantiene il suo fascino e la varietà della vegetazione lungo il suo perimetro ne rendono la vista dai diversi punti del percorso davvero suggestiva.

Le nuvole saranno poi le protagoniste del nostro cammino di ritorno verso il punto di partenza; un intenso acquazzone ci ha accompagnati lungo i circa 5 km di percorso alternando forti raffiche di vento che contribuivano a percepire il freddo in maniera ancor più intensa. Abbiamo così testato i famosi cambiamenti del clima patagonico che possono portare ad un repentino alternarsi delle quattro stagioni nel giro di poche ore.

Una doccia ed una bevanda calda in ogni caso sono il rimedio migliore dopo una simile esposizione agli elementi freddi.

 

 

Laguna Esmeralda

Trekking alla Laguna Esmeralda

Trekking alla Laguna Esmeralda

Laguna Esmeralda

 

Il parco nazionale più celebre della zona di Ushuaia è il Parque Nacional Tierra del Fuego ubicato a circa 12km dalla città. Piuttosto grande ed articolato, non è semplice catturare la forma migliore per percorrerlo dopo le prime informazioni raccolte tra siti di viaggio e centri di informazione del turismo. Dopo diverse ricerche è stato piuttosto evidente che avere un proprio veicolo a disposizione fosse la maniera più semplice per avere un’esperienza completa del parco.

I punti più interessanti di questa area naturale sono ubicati a distanza di diversi km gli uni dagli altri e questo rende impossibile visitarli tutti nello stesso giorno. Solo i trekking di più giorni, con accampamento in tenda per la notte, possono permettere di percorrerlo in maniera completa.

Non avendo una tenda a disposizione e non avendo il desiderio di spendere più di un giorno nel parco, la soluzione alle nostre necessità è stata Erica, proprietaria del b&b, che da qualche anno si sta improvvisando organizzatrice e guida turistica con risultati probabilmente migliori rispetto alle agenzie private locali.

Grazie al suo tour personalizzato abbiamo potuto godere di diversi punti panoramici ed effettuare piccoli e piacevoli hiking all’interno del parco che ce ne hanno fatto apprezzare la morfologia e le diverse peculiarità; laghi, ruscelli, arbusti tipici di questa zona ed un vasto prato di torba su cui ci siamo distesi godendo appieno della sua sorprendente sofficità.

 

Il parco nazionale è sicuramente un’area interessante e che richiama un proprio fascino, tuttavia l’esperienza vissuta in esso non l’ho ritenuta all’altezza degli altri luoghi visitati ad Ushuaia e precedentemente raccontati.

Non posso dare un giudizio completo, avendo vissuto solo una giornata nel parco caratterizzata da visite ai suoi punti salienti, ma ciò di cui il mio istinto è sicuro è che su di esso il marketing del turismo cerca di spingere in maniera più preponderante rispetto ad altri piccoli gioielli che, per ragioni ancor poco note, restano al di fuori della grande propaganda di questo mercato.

Da viaggiatore amante dell’aspetto più incontaminato e dell’autenticità dei luoghi non posso che apprezzare l’esclusione dal mainstream degli angoli più remoti e affascinanti del nostro pianeta.

 

 


Parque Nacional Tierra del Fuego


 

Oltre alle intense esperienze immersi nella natura che la circonda, Ushuaia ci ha regalato anche bellissime passeggiate attraverso il lungomare, un cammino che offre viste suggestive e sempre cangianti in funzione delle condizioni climatiche e del punto di osservazione. Le barche ormeggiate, tra cui anche un relitto, sono le protagoniste di questo quadro in movimento le cui forme vengono disegnate e cambiate da una natura mai simile a sé stessa.

 

 



Lungomare di Ushuaia


 

La nostra permanenza in Terra del Fuoco è stata anche condita dall’entusiasmo degli argentini per le partite della nazionale di calcio nel campionato del mondo. Abbiamo assistito a due incontri dell’Argentina ad Ushuaia e dopo ogni vittoria ci siamo immersi nei goliardici festeggiamenti per le strade della città, tra cori, trombe, colori, bambini sulle spalle dei genitori ed un’esaltazione degna della vittoria finale del mondiale nonostante le partite citate fossero incontri appartenenti alle fasi preliminari del torneo.

 

 



 

 

Avevamo battezzato Ushuaia qualche anno fa come meta finale di un viaggio che avrebbe dovuto svolgersi dal Messico al Sudamerica, attraversando via terra i tanti paesi e le culture lungo questo cammino. Tuttavia di sovente nella vita il corso delle cose non segue ciò che è stato preventivamente pianificato, e quest’effetto è ancor più amplificato se ci si espone alle variabili del cammino con spirito aperto alla mutevolezza dell’universo.

 

A distanza di circa tre anni Ushuaia ha cambiato il suo ruolo da punto di arrivo al luogo che avrebbe invece rappresentato il punto di partenza per un nuovo cammino alla scoperta delle terre estreme della Patagonia.